A pochi giorni dall’apertura del Perugia Pride Village, che si terrà il prossimo week end ai Giardini del Frontone, in città è scoppiata la polemica su una delle immagini scelte dall’associazione Omphalos per pubblicizzare l’evento. “Si scrive laico, si legge libero” è il claim scelto per lanciare il tema del pride di quest’anno. Ed è proprio sulla scia di questo argomento che nasce la locandina “incriminata”, questa:
“Offende chi crede”
Il consigliere comunale e regionale De Vincenzi (Umbria Next – centrodestra) e il collega Marco Squarta (Fratelli d’Italia) non l’hanno presa bene. Ritenendola un’offesa per i credenti, hanno chiesto il ritiro dell’immagine (comparsa solo sul web) e del patrocinio concesso dal comune. La bufera è scoppiata in men che non si dica. “Non si può invocare il rispetto dei propri diritti – ha scritto Squarta sul proprio profilo Facebook -, battagliare contro le discriminazioni e gli insulti e poi diffondere immagini come queste sulla Madonna che offendono chi crede. Pessimo gusto.. anzi disgustoso”.
“Mi preoccupa che il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Marco Squarta non sappia riconoscere una Drag Queen da una Madonna – ha risposto a stretto giro di post il presidente di Omphalos Stefano Bucaioni -, ma visto che è così confuso sulla laicità delle istituzioni lo invitiamo caldamente a partecipare al Perugia Pride Village: ci sarà modo di discutere ampiamente”. Un enorme spot, insomma, al tema della tre giorni in arrivo.
Anche il comune chiede il ritiro
La polemica, però, non si è fermata qui. Il sindaco Romizi, infatti, ha diffuso una nota in cui si associa alle richieste dei consiglieri sulla rimozione dell’immagine, confermando però il patrocinio. In nome del rispetto “nei confronti di ogni sensibilità espressa, riconoscendovi manifestazioni di libertà”, si legge nella nota di Palazzo dei Priori, “è stata confermata la concessione del patrocinio” ma allo stesso tempo “si invitano gli organizzatori dell’iniziativa a rimuovere l’immagine in questione, così da ripristinare un clima sereno di dialogo e confronto”. “La libertà – conclude la nota – non può mai prescindere dal rispetto”.
Vale la pena precisare che l’immagine diffusa, nonostante il patrocinio del comune, non riporta il logo della città.
“Basta un po’ di trucco”
“Il pensiero discriminatorio che spesso si pensa di aver superato – risponde Omphalos -, viene smascherato con un po’ di trucco e uno scatto fotografico ben fatto. Ci si scandalizza alla percezione di qualcosa di sacro accostato a qualcosa che si ritiene sbagliato, non degno di rispetto. Dimostrando nei fatti che ciò che di sbagliato si vede sono semplicemente le nostre drag queen, le nostre persone transessuali, i gay, le lesbiche o le persone intersex”.
Il caso del piccolo Juan
Un botta e risposta in cui, nelle ultime ore, si è innestata un’altra vicenda, che non è legata alla querelle sulla locandina, ma molto ha a che fare con i diritti delle persone LGBTI e delle loro famiglie. È il caso di Juan, un bimbo di sei mesi, nato in Spagna con la fecondazione eterologa e figlio di una coppia di donne perugine. Il comune ha infatti negato la trascrizione dell’atto di nascita del piccolo che, quindi, per lo Stato italiano non ha documenti e non può essere ammesso in Italia. La motivazione ufficiale è quella che tante volte si è già sentita tirare in ballo in questi casi: “motivi di ordine pubblico”.
La decisione del comune è arrivata dopo che l’amministrazione ha chiesto un parere alla Prefettura sul da farsi. L’amministrazione ha scelto dunque di ignorare le tante sentenze, comprese quelle della Cassazione, che finora hanno imposto ad altri comuni italiani di trascrivere gli atti di nascita di bambini nati come Juan. Chiara e Laura, intanto, assistite da Omphalos e dagli avvocati di Rete Lenford, hanno già annunciato ricorso.
Chiesto incontro urgente con il sindaco
Per Bucaioni, Romizi ha “scelto di negare ad un bambino di sei mesi il diritto all’identità”. Una scelta che, secondo il presidente di Omphalos “oltre che essere fuori dal tempo, è fortemente discriminatoria e crudele. Crudele perché a farne le spese è un bambino la cui unica “colpa” è quella di avere due mamme che lo hanno tanto desiderato e che lo amano”. Per questo l’associazione perugina e i legali di Rete Lenford hanno chiesto un incontro urgente al sindaco.
“È triste pensare che l’amministrazione comunale si concentri tanto nell’interpretazione di una locandina, assecondando polemiche inutili e faziose, mentre continua a negare diritti civili a coppie gay e addirittura ai loro figli – conclude Bucaioni –. Siamo sicuri che non è questo quello che i nostri concittadini vogliono. Perugia, la città che conosciamo e nella quale viviamo, non abbandonerebbe mai un bambino di 6 mesi in un altro paese senza documenti né identità, solo perché figlio di due mamme. Se questa amministrazione comunale ha deciso di farlo, questa non è l’amministrazione adatta a questa città. Forse è bene cominciare ad interrogarci su queste scelte, invece che dare retta alle visioni e alle fantasie dei soliti quattro oltranzisti omofobi”.