Per la prima volta anche il Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna, a Bologna, emette due sentenze in tema di stepchild adoption (l’adozione in casi particolari ai sensi dell’art. 44, lett. d. della legge n. 184/1983) in cui riconosce il legame del minore con il co-genitore.
Si tratta di una coppia di padri con un bambino ed una coppia di madri con una bambina (seguita proprio da uno dei legali di Gay Lex).
I precedenti
La decisione di Bologna arriva dopo numerose pronunce di primo e secondo grado sul tema, ma soprattutto dopo quelle della Corte d’Appello di Torino e di Milano, la recentissima (e in alcune parti controversa) decisione del Tribunale per i minorenni di Venezia, e soprattutto dopo la sentenza della Corte di Cassazione n. 12926 del 2016.
E’ sicuramente molto importante che arrivi anche da una città come Bologna un’ulteriore conferma della possibilità di applicare l’art. 44, lett. d) della legge n. 184/1983 nel caso di adozione del figlio del partner omosessuale. Queste ultime due sentenze, poi, si caratterizzano per un richiamo puntuale a tutte le precedenti decisioni ed una particolare chiarezza nell’esporre tutti gli argomenti giuridici. Per esempio, la sentenza ritiene impossibile in senso “giuridico” l’opzione dell’affido preadottivo, come pretendeva invece la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano poi ribaltata dalla decisione della Corte d’Appello.
Il richiamo alla legge sulle unioni civili e al comma 20
E’ proprio sulla sentenza della Corte d’Appello di Milano del 9 febbraio scorso che si soffermano queste due ultime decisioni, chiarendo in modo ancora più netto quanto la legge sulle unioni civili n. 76 del 2016 e il famoso comma 20 (la c.d. clausola di salvaguardia) abbiano segnato uno spartiacque in positivo circa la tutela delle famiglie omogenitoriali, nonostante l’evidente stralcio di una tutela diretta per le famiglie omogenitoriali in sede legislativa.
Il Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna, infatti, ritiene che, per effetto dell’espresso riferimento alla “vita familiare” contenuto nel comma 12 della legge Cirinnà, le unioni civili devono essere considerate alla stregua di vere e proprie famiglie, “così offrendo all’adozione in casi particolari, un substrato relazionale solido, sicuro, giuridicamente tutelato”.
Il riferimento alla cd. “clausola di salvaguardia” contenuta nel comma 20 della stessa legge, secondo cui “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalla norme vigenti” serve a fugare ogni dubbio.
“La sua funzione”, secondo il Tribunale per i minorenni di Bologna, infatti “è quella di chiarire all’interprete che la mancata previsione legislativa dell’accesso all’adozione coparentale non deve essere letta come un segnale di arresto o di contrarietà rispetto all’orientamento consolidatosi negli ultimi anni in giurisprudenza in favore dell’adozione coparentale ai sensi della lettera d)”. In sostanza, il fatto che la legge sulle unioni civili non prevede la stepchild adoption, non significa che queste siano vietate o che i tribunali debbano smettere di riconoscerle.
Famiglie come tutte le altre
Il collegio bolognese infine esplicitamente rimarca “che la relazione affettiva tra due persone dello stesso sesso, che si riconoscano come parti di un medesimo progetto di vita, con le aspirazioni, i desideri e i sogni comuni per il futuro, la condivisione insieme dei frammenti di vita quotidiana, costituisce a tutti gli effetti una ‘famiglia’, luogo in cui è possibile la crescita di un minore, senza che il mero fattore ‘omoaffettività’ possa costituire ostacolo formale”.
Queste ulteriori decisioni vanno dunque nella direzione di fortificare l’interpretazione ormai unanime delle corti italiane in tema di stepchild adoption, tracciando quella che abbiamo precedentemente definito “una sorta di rivoluzione gentile” delle stesse per affermare i diritti di quei bambini “stralciati” dalla legge sulle unione civili.
Rimane comunque importante che il legislatore provveda al più presto ad un intervento legislativo per poter garantire piena certezza giuridica a tutte quelle famiglie (tantissime) che ancora non sono riconosciute come tali attraverso la giurisprudenza e a quelle che verranno.