Un’altra sentenza di un tribunale, questa volta a Reggio Emilia, arriva a supporto della battaglia per il riconoscimento dell’omogenitorialità. La sentenza, emessa lo scorso 2 marzo ma resa nota solo ora, riguarda il risarcimento riconosciuto ad una co-mamma dopo la tragica morte di un ragazzo di 18 anni biologicamente figlio della compagna di lei.
Secondo quanto riporta Articolo29, il ragazzo era nato da una relazione etero avuto dalla madre e poi interrotto. Dopo la separazione dal padre del giovane, la donna aveva iniziato una relazione ed una convivenza con un’altra donna con la quale il figlio aveva instaurato un rapporto del tutto simile a quello con un genitore.
In base alle testimonianze raccolte dal giudice, la donna si comportava con il figlio della compagna come se fosse stato figlio suo sia in termini di cura che educativi e il ragazzo ricambiava l’affetto e il rapporto al punto da obbedirle quando lei gli imponeva orari da rispettare o altre regole. Il rapporto tra i due viene definito come «connotato da: “affettività-familiarità-attaccamento di natura materna”».
Qualche tempo fa, C, di appena 18 anni è rimasto vittima di un incidente stradale ed ha perso la vita. A seguito dell’incidente, anche la co-mamma ha presentato istanza di risarcimento, quello previsto per i familiari in casi del genere. Come precisa correttamente Articolo29, non si tratta di un caso tipico di famiglia arcobaleno, cioè in cui il figlio nasce nell’ambito della coppia dello stesso sesso, ma di cosiddetta “famiglia ricomposta” tant’è che il tribunale ha riconosciuto il risarcimento anche al padre del ragazzo che, pur non vivendo con il figlio, aveva mantenuto con lui un legame.
La sentenza, in sostanza, riconosce che tra il ragazzo e la compagna della madre si era instaurato un rapporto come quello che si osserva normalmente tra madre e figlio, nonostante il ragazzo fosse nato da una relazione precedente.