Per la prima volta, la comunità LGBT iraniana in Olanda ha partecipato al Pride di Amsterdam con una barca tutta sua. Com’è noto, infatti, la parata dell’orgoglio LGBT olandese si svolge lungo i canali che attraversano la città.
Lo scorso 29 luglio, all’evento conclusivo, tra le tante barche che tradizionalmente compongono il corteo fluviale, per la prima volta ce n’era una che rappresentava la comunità iraniana. Gli attivisti l’hanno ribattezzato #IranPride. In circa 50 hanno partecipato ed è la prima volta che un gruppo interamente composto da persone iraniane partecipa così numeroso ad un pride.
In nome dei paesi in cui essere gay è illegale
L’intento della barca e della partecipazione è denunciare “la condizione che le persone omosessuali vivono nei paesi in cui il sesso gay è vietato”, come si legge nel testo che accompagna una foto pubblicata su Instagram dal gruppo Iran LGBT.
Dalla barca è stato ricordato che sono 76 i paesi del mondo in cui essere omosessuali è reato e che in alcuni di essi si rischia la pena di morte. Tra questi, appunto, l’Iran.
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La paura, anche fuori dall’Iran
“Le persone LGBT iraniane devono affrontare molti problemi – ha dichiarato dalla barca un portavoce del gruppo secondo GayStarNews -, anche fuori dal Paese. Questi problemi sono causati dalle famiglie o da altre persone che ancora temono il governo iraniano anche qui, in Olanda. Alcuni dei partecipanti indossano una maschera per paura e per le minacce, ma anche in questo modo sono qui per i loro diritti”.
“La Iran Boat è partita senza esperienza al Pride di Amsterdam – ha continuato – senza soldi e con un piccolo gruppo di volontari, ma ci sono per il desiderio di giustizia per le persone LGBT in Iran e per essere voce di chi non ha la possibilità di parlare”.
“Non aspettiamo che quel giorno arrivi, lottiamo perché arrivi”
“La Iran Boat è qui – ha concluso – perché credono nel cambiamento e nel potere della solidarietà e della speranza. Sono qui per annunciare che meritiamo dignità, giustizia e libertà come ogni altro essere umano e che siamo consapevoli del fatto che dobbiamo alzarci e trasformare i nostri sogni in realtà. Ecco perché non aspettiamo che arrivi il giorno in cui potremo marciare in Iran, ma stiamo lottando perché quel giorno arrivi”.