“Ma alla Boldrini e alle donne del PD, quando dovrà succedere?”. Così Saverio Siorini, da poco eletto coordinatore di “Noi con Salvini” di San Giovanni Rotondo commenta su Facebook la notizia del duplice stupro di Rimini. Dopo qualche protesta, Siorini tenta di correggere il tiro e al post aggiunge: “(ovvio che lo stupro non si augura a nessuno, ma questa è una provocazione che nessuno ha recepito)”. E ancora: “N.B. sono stato costretto a modificare il mio post, per farlo recepire ai tanti ciechi della situazione che stiamo attraversando”.
Gaypost.it ha raggiunto la senatrice Monica Cirinnà (Pd) nella sua azienda agricola di Capalbio dov’è impegnata con la preparazione della conserva di pomodoro. Come le altre donne dem, infatti, è stata direttamente chiamata in causa da quello che ha definito “un personaggio abietto e con un livello culturale basso”.
Senatrice, Siorini ha modificato il post, ma la frase rimane.
Per me non c’è alcuna differenza tra la prima e la seconda versione. Resta il punto di fondo, quell’argomento etico di cui parliamo spesso, cioè instillare continuamente odio e soprattutto fare in modo che i social network ne diventino strumento di diffusione. “Noi con Salvini”, a prescindere dal singolo, ha benissimo compreso questo utilizzo negativo e pericoloso dei social. Siamo ad un punto in cui sarebbero necessari più controlli e di intervenire quando serve: post del genere vanno segnalati subito.
Un post, quello del salviniano pugliese, che lascia intendere che lo stupro sia una punizione che alcune donne possono meritare per le loro posizioni politiche.
Abbiamo assistito ad una escaltation forte di violenza contro le donne e siamo ad un livello di pericolosità altissimo. In questo paese, un giorno su due una donna viene uccisa da un familiare, da qualcuno che ha amato, da qualcuno a cui si ribella. Al di là dello stupro, che è un atto vergognoso e gravissimo, la violenza sulle donne è in aumento ed è un problema che fonda le sue radici in una questione culturale.
Cioè?
Esiste, anche nelle nuove generazioni, una carenza di cultura del rispetto e soprattutto della parità. Anzi, è completamente inesistente. Le donne vengono stuprate e uccise perché decidono di non sottostare alle richieste di un uomo. E bisogna ricordare che solo il 4 per cento degli abusi sulle donne viene commesso da estranei alla vittima, come nel caso di Rimini: il resto sono tutti parenti, fidanzati o ex, mariti o ex. È una questione di rapporti relazionali: per molti uomini, giovani e vecchi, il fatto che una donna sia pari loro, che possa opporre un diniego ad una loro pretesa non è accettabile.
È evidente che una persona abietta e con un livello culturale molto basso, come il personaggio di cui stiamo parlando, possa ritenere che tra le tante punizioni la più grave possa essere lo stupro: cioè faccio di te l’oggetto del mio atto sessuale contro ogni tuo desiderio, soprattutto se sei qualcuno che mi fa schifo, come essere una donna del Pd. Mi fa talmente schifo che ti uso come oggetto sessuale e ti butto via. Questo è il livello. Serve un intervento culturale forte, in questo paese.
A che tipo di intervento si riferisce?
Io sono lieta che Renzi dica “un euro in sicurezza e un euro in cultura”, ma bisogna vedere il canale verso cui va questa cultura. Non è che possiamo pensare solo alla storia dell’arte, o solo all’educazione civica, o solo alla Costituzione, o solo alla lingua italiana per gli stranieri. “Un euro in cultura” significa anche che le donne non si toccano e io voglio vedere questo intervento. Sono certa che la ministra Fedeli saprà come farlo.
Cita la ministra Fedeli perché pensa alla scuola?
Cito la ministra Fedeli perché è una donna intelligente, con una grande cultura di sinistra e con una enorme cultura femminista. Sono sicura che nonostante le grandissime difficoltà che incontrerà, perché toccare la scuola significa toccare un ginepraio, lei ci riuscirà. Non è pensabile non introdurre qualcosa nei programmi educativi fin dalla scuola dell’infanzia.
Insegniamo ai nostri bambini come sono meravigliose le api che fanno il miele e le formiche che raccolgono i chicchi e non siamo in grado di insegnare loro che non c’è differenza tra un bambino e una bambina? Che la bambina non deve avere per forza il tutù e le scarpette da ballo e il bambino l’arco con le frecce? È da lì che si deve partire. Se fosse stato bene educato e ben cresciuto, uno come codesto personaggio saprebbe che la parola stupro va tenuta il più lontano possibile non solo dal linguaggio, ma soprattutto dal pensiero.
La scuola è davvero un campo minato, in questo senso. Ogni volta che si è tentato di parlare di parità di genere, si è scatenato il putiferio.
Se noi riteniamo che i programmi sulla parità di genere siano ciò che non sono, cioè quello di cui parlano i nostri avversari che hanno inventato il “gender”, non andremo mai da nessuna parte. Se, invece, siamo in grado di spiegare agli italiani che i programmi sull’educazione di genere vogliono dire, nel futuro, educare all’affettività, sapere che non si usano le mani, sapere che non si usano i social in un certo modo, sapere che non si usa la lingua in un certo modo, questo farà bene al rapporto tra un fratello e una sorella, farà bene al rapporto fra compagni di banco, farà bene sul luogo di lavoro, farà bene a come gli italiani possono cominciare a convivere tra uomini e donne senza violenza.
Il sesso è un’altra cosa. L’educazione sessuale è un’altra cosa. Il gender non esiste. Il rispetto per i bambini gender fluid è un’altra cosa. Ci arriveremo. Sappiamo che siamo in un paese arretrato, che ha paura di tutto ciò che sta sotto l’ombelico delle persone perché il puritanesimo sta tornando e ci sta portando ad una deriva vergognosa. Ma è dall’educazione di genere che bisogna partire.