“Adeguato accesso al mercato del lavoro, alla sicurezza sociale e all’assistenza sanitaria per coniugi e figli – Questo criterio riguarda la capacità di rispondere alle esigenze dei figli e dei coniugi degli attuali e futuri membri del personale per quanto concerne la sicurezza sociale e l’assistenza sanitaria, oltre che la disponibilità di opportunità di lavoro per loro”. Recita così il quarto dei sei criteri oggettivi stabiliti dal Consiglio europeo per scegliere le nuove sedi delle agenzie europee che hanno sede in Inghilterra e che, per via della Brexit, dovranno spostarsi altrove. Ma dove?
La candidatura di Milano e la prima selezione
Tra le città degli altri stati membri che si sono candidati c’è anche Milano che certo ha molte carte a suo favore. Ma è poprio sul criterio dell’assistenza sanitaria per coniugi e figli che si potrebbe giocare la partita, almeno per quanto riguarda l’Agenzia Europea per i Medicinali, l’Ema.
Secondo quanto rende noto oggi il Sole 24 Ore in un articolo firmato da Andrea Carta Mantiglia, entro il 30 settembre la Commissione dovrà fare una prima selezione.
Di fatto, non sembra probabile che ci sarà una vera e propria graduatoria, ma solo una scrematura delle cosiddette candidature di bandiera avanzate da città che, però, non rispondono ai criteri stabiliti in tutto o in parte. La vera selezione sarà fatta dopo e tenendo anche conto delle richieste delle agenzie in questione.
E se potrebbe apparire scontato che i paesi membri assicurino “assistenza sanitaria per i coniugi e i figli” dei dipendenti dell’Ema, in realtà le cose stanno diversamente.
La lettera dei dipendenti Lgbt al direttore dell’Ema
Il giornalista spiega infatti che esiste una lettera firmata dai dipendenti e le dipendenti Lgbt dell’agenzia e che è stata inviata al presidente dell’Ema Guido Rasi. Nella lettera, la componente Lgbt dello staff, esprime le proprie preoccupazioni per la possibilità che si scelga una sede dove i propri diritti di singoli, coppie sposate e/o con figli non vengano garantiti. Il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali, dei loro figli e delle persone transgender, infatti, non è uniforme in tutti gli altri 27 stati membri. Anzi.
Il Sole 24 Ore sottolinea come l’agenzia voglia evitare un’emorragia di dipendenti né voglia in alcun modo costringere il proprio staff a decidere se mantenere il posto di lavoro in uno stato in cui fare i conti con una compressione, a vari livelli, dei propri diritti e di quelli della propria famiglia, o cambiare lavoro. Sempre stando a Mantiglia, Rasi appoggia pienamente le richieste delle persone Lgbt che lavorano all’agenzia.
In Italia, nessuna tutela per i figli delle famiglie arcobaleno
È vero che l’Italia ha da poco approvato una legge che garantisce questi diritti alle coppie omosessuali, ma lo stesso non può dirsi per i figli e le figlie di queste coppie. Com’è noto, infatti, dalla legge è stato stralciato l’articolo che permetteva l’introduzione della cosiddetta stepchild adoption, ovvero l’adozione del figlio biologico del partner e ad oggi nessuna iniziativa legislativa è stata adottata per affrontare il tema. Neanche la riforma della legge sulle adozioni, promessa da più parti all’indomani dell’approvazione della cosiddetta legge Cirinnà. Insomma, i figli delle coppie gay e lesbiche, in Italia, non hanno le tutele dovute.
E questo varrebbe anche per i figli delle coppie omosessuali non italiane che si dovrebbero trasferire a Milano senza leggi che ne riconoscano lo status di genitori ad entrambi i partner.
Come funziona in Inghilterra
I dipendenti dell’Ema, per altro, arrivano dall’Inghilterra dove non solo esiste il matrimonio egualitario dal 2013, ma la coppie gay e lesbiche possono adottare. Inoltre le donne lesbiche possono accedere alla fecondazione eterologa e le due mamme vengono riconosciute entrambe come genitrici, senza dover ricorrere all’adozione. Infine, nel Regno Unito, è ammessa anche la gestazione per altri in forma altruistica ed è aperta anche alle coppie di uomini (anche se la loro responsabilità genitoriale viene riconosciuta solo dopo una sentenza di adozione da parte di un tribunale).
La libera circolazione nell’Ue
Il problema è, forse, relativo per le coppie che hanno già figli e in cui entrambi i genitori sono riconosciuti come tali. Ma si apre del tutto per quelle che ancora non ne hanno e ne vorrebbero e per i dipendenti e le dipendenti gay e lesbiche single che potrebbero volersi sposare (in Italia, solo unirsi civilmente) e poi pensare ad eventuali figli. Per loro, a Milano, la strada sarebbe tutta in salita. Per fare un esempio, una coppia di donne dovrebbe andare in un altro stato per avere un figlio. Eppure, per i principi stabiliti dai trattati istitutivi dell’Ue, i cittadini europei (in questo caso, i dipendenti dell’Ema non inglesi) godrebbero della libertà di circolazione tra gli stati membri. Libertà che implica una parità di trattamento nei diversi paesi e il riconoscimento del proprio status di coniugi, genitori e figli.
Le città concorrenti
Tra le altre città candidate ad ospitare l’Agenzia Europea per i Medicinali ci sono anche Amsterdam, Vienna, Barcellona, Lille, Stoccolma, Copenhagen, Bratislava e Bonn. Di queste città, almeno cinque offrono alle coppie omosessuali garanzie maggiori (a vari livelli) dal punto di vista della filiazione, di quanto non faccia l’Italia.