Si terrà il 28 e il 29 settembre la Terza Conferenza Nazionale della Famiglia organizzata dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il supporto dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia. Il punto è che, come denuncia Famiglie Arcobaleno, nell’idea di famiglia del governo, ad un anno e mezzo dall’approvazione della legge sulle unioni civili, non rientrano quelle composte da coppie dello stesso sesso.
“Per il governo italiano gay e lesbiche vanno tenuti fuori dalla porta quando si discute di politiche per la famiglia” spiegano in una nota Famiglie Arcobaleno, Rete Genitori Rainbow e Agedo.
Le “parti sociali” e la “società civile”, tranne quelle Lgbt
A guardare il programma, in effetti, non è chiaro quali associazioni di famiglie siano state coinvolte, sebbene la presentazione della conferenza parli espressamente di “attiva partecipazione delle Istituzioni di tutti i livelli di governo, delle parti sociali e, naturalmente, delle organizzazioni rappresentative della società civile”. Ma le associazioni delle famiglie Lgbt non sono state invitate. A parte Agedo, che riunisce i genitori di persone Lgbt, a cui è stato chiesto di partecipare, ma senza intervenire. Quindi si riconosce che le famiglie possono avere figli e figlie gay, lesbiche, trans o bisex, ma non che queste persone, a loro volta, possano formare famiglie.
Presupposti giuridici, ma non politici
Eppure la legge sulle unioni civili, pur avendo escluso la questione dei figli delle coppie omogenitoriali, parla espressamente di “vita familiare”. Giuridicamente, dunque, le basi ci sarebbero. I tribunali, inoltre, a vari livelli, ormai da tempo riconoscono con famiglie a tutti gli effetti le coppie dello stesso sesso e i loro figli. Certo, la legge definisce le coppie omosessuali come “formazioni sociali specifiche”. Il punto, evidentemente, è tutto politico.
La cosa risulta particolarmente strana dal momento che uno degli argomenti che la conferenza affronterà è “l’evoluzione della famiglia fra diritto e società”.
Scorrendo il programma, a parte i rappresentanti delle istituzioni e del dipartimento, i nomi che ricorrono sono in gran parte dell’Osservatorio nazionale sulla Famiglia.
L’Osservatorio sulla Famiglia
Nato nel 2009, normato da un regolamento firmato dall’allora sottosegretario Carlo Giovanardi e vidimato dal ministro Alfano, l’Osservatorio è formato da un comitato scientifico e da un’assemblea di 36 membri tra cui rappresentati dei sindacati, dell’Anci, delle associazioni dei datori di lavoro e rappresentanti di “associazioni familiari a carattere nazionale”.
Tra questi figurano Francesco Bianchini, membro del Forum delle associazioni familiari (in nome del quale fa anche parte della Commissione Adozioni Internazionali), Maria Grazia Nasazzi Colombo (anche lei in forze al Forum delle associazioni familiari), Emma Ciccarelli, vicepresidente della stessa organizzazione), Giuseppe Ficini, tesoriere del Forum, Roberto Balzonaro, membro del direttivo del Forum, e Guido Trinchieri ex presidente dell’Unione Famiglie Handicappati. L’Osservatorio non è stato costantemente in attività dalla sua creazione ad oggi, ma è stato riattivato tra settembre e novembre dello scorso anno (che poi è lo stesso dell’approvazione della legge sulle unioni civili).
Escluse anche dall’Osservatorio
Le posizioni del Forum delle Associazioni Familiari sul concetto di famiglia, matrimonio e “ideologia gender” (sic!) sono note da tempo: basta dare un’occhiata qui e qui. È, quindi, chiaro che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sotto cui ricade l’Osservatorio, considera rappresentanti delle famiglie solo il Forum e l’Unione Famiglie Handicappati. Non c’è spazio per le associazioni che pure rappresentano quella “evoluzione della famiglia” di cui si vuole parlare.
“La Conferenza costituirà, dunque, un’occasione di riflessione, partecipazione, confronto e di dibattito sui temi della famiglia, considerata in tutte le sue componenti e problematiche generazionali – si legge ancora nella scheda di presentazione della Conferenza -, ed avrà come focus la discussione ed il confronto delle linee generali del prossimo Piano Nazionale per la Famiglia, sulla base dei lavori sinora portati avanti dall’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, ricostituito nel settembre dello scorso anno”. Un Piano Nazionale che esclude i nuclei familiari composti da genitori dello stesso sesso.
La rabbia delle associazioni Lgbt
“Le due associazioni che rappresentano i genitori omosessuali e transessuali sono state ignorate – denuncia la nota delle organizzazioni di genitori Lgbt -. Rete Genitori Rainbow, in particolare, l’associazione che riunisce i genitori omosessuali e transessuali che hanno avuto figli da precedenti relazioni, ha chiesto di aderire all’iniziativa, ma la sua richiesta è stata rifiutata”.
Alla Conferenza interverranno il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, della Presidente della Camera Laura Boldrini, del Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, della Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e molti altri.
L’appello: “Disertate la conferenza”
“L’esclusione delle associazioni rappresentative del mondo Lgbt è grave, e il solo fatto che si parli di “famiglia”, e non di di “famiglie” come sarebbe più corretto, è altamente significativo – i presidenti e le presidenti delle tre associazioni Marilena Grassadonia, Alessandra Fiorani, Gabriele Faccini e Fiorenzo Gimelli – . Il governo non può farsi promotore di un evento che si rifiuta di prendere in considerazione le istanze sia delle famiglie omoparentali di nuova costituzione, cioè che hanno avuto figli all’interno della coppia omosessuale, sia delle numerose famiglie ricomposte in cui un componente della coppia omosessuale abbia avuto figli da relazione etero precedente, tutte realtà in cui sono presenti bambini e ragazzi che vanno tutelati”.
“Chiediamo ai rappresentanti delle istituzioni e del Governo più sensibili alle istanze del mondo Lgbt – concludono – di intervenire per andare oltre questa esclusione, o in alternativa di disertare un appuntamento che, così congegnato, è inaccettabilmente discriminante”.
I precedenti della Conferenza della Famiglia
Vale la pena ricordare che la prima Conferenza Nazionale della Famiglia fu organizzata nel 2007 dall’allora ministra Rosy Bindi. Era l’anno dei Di.Co., ma anche del primo Family Day contro quella legge che per la prima volta rappresentò la possibilità che le convivenze tra persone dello stesso sesso potessero essere riconosciute.
In modo del tutto insufficiente e perfino umiliante, come denunciarono le associazioni all’epoca, ma tale da scatenare le proteste dei cattolici che organizzarono il Family Day a Piazza San Giovanni a Roma. A quella manifestazione partecipò la stessa Bindi, firmataria dei Di.Co. Anche dalla Conferenza di Firenze, le famiglie omogenitoriali rimasero escluse.
La seconda risale al novembre 2010 e si svolse a Milano. Anche quell’anno era stato segnato da un passaggio importante per le coppie dello stesso sesso. Ad aprile, infatti, la Corte Costituzionale aveva emesso una storica sentenza con la quale riconosceva il diritto fondamentale delle persone dello stesso sesso di vivere liberamente in coppia e di essere riconosciute come tali.
L’Osservatorio “risorto” a novembre scorso
Com’è noto, a maggio dello scorso anno la Camera dei Deputati ha approvato la legge sulle unioni civili. Una combattutissima legge, varata solo dopo lo stralcio dell’adozione del figlio del partner dal testo originale. A novembre viene riattivato l’Osservatorio Nazionale della Famiglia, con la composizione che abbiamo visto, e dà vita alla terza Conferenza Nazionale della Famiglia escludendo i nuclei familiari formati da coppie dello stesso sesso e dai loro figli. Volere vedere in queste concomitanze un rapporto di causa ed effetto è opinabile, sembra però che ogni volta che si segna un’apertura alle istanze delle persone Lgbt sia necessario, subito dopo, registrare una chiusura.