Sono tante le storie che le nostre lettrici ci stanno mandando perché vogliono dare un contributo a #quellavoltache, la campagna nata spontaneamente sui social media da un’idea della giornalista e scrittrice Giulia Blasi. La scrittura collettiva sta permettendo a tante donne di raccontare ciò che per anni non hanno rivelato a nessuno, per paura, per vergogna, per senso di colpa. O per evitare di diventare loro il bersaglio, com’è successo ad Asia Argento dopo il racconto di quello che succedeva ad Hollywood con il produttore Weinstein. La storia di oggi è quella di Sara, che ha voluto che usassimo il suo vero nome per raccontarla. Eccola.
Quella volta che avevo otto anni, nella casa dei miei genitori era venuto l’elettricista ed io giocavo prima di fare i compiti per casa. D’un tratto mi prende per mano e mi porta nel garage, si ferma in un angolino e si porta la mia mano dentro i suoi pantaloni dopo mi tocca. Succederà ancora nel porticato di casa. Io mi vergognavo, mi sentivo in colpa, tremano e non riuscivo a parlare.
La paura mi blocca
A distanza di anni lo rivedo a lavoro a casa di un amichetta intento nel suo lavoro, ma la paura mi blocca e non riesco mettere in guardia l’amica. Il giorno del mio 14esimo compleanno, quest’uomo tocca la mia allora amichetta. Ed io mi sento morire, come fosse accaduto di nuovo a me. Ne ho parlato con pochissime persone, spero sia morto.
Sara, ci ha spiegato, ora ha 32 anni, un bel bimbo di 9 anni ed un marito. E nella sua mente ha cercato più volte di rimuovere quanto accaduto, per fare in modo che non le appartenesse “ma non è poi così possibile”.