Se le molestie sono già insopportabili e inaccettabili di per sé lo sono, forse, ancora di più quando chi le subisce è una persona disabile. Anche se a perpetrarle è un’altra persona disabile. È la storia che Elena Bresciacin ha voluto affidare a Gaypost.it aderendo così alla campagna #quellavoltache. Eccola.
Sono nata con una disabilità visiva
Ho 37 anni e sono nata con una disabilità visiva. Per mia fortuna, sono cresciuta in un contesto familiare e sociale che mi ha permesso di integrarmi completamente in mezzo a tutti, frequentando le scuole e l’ambiente di lavoro assieme a chi vede.
Ma per apprendere il funzionamento di specifiche tecnologie o ausili di supporto alla mia condizione, ho dovuto per forza di cose rapportarmi con altre persone con la mia stessa disabilità, ma evidentemente in molti casi non con la medesima educazione.
Avevo 17 anni ed ero al training per la consegna del cane guida, assieme ad altre persone conosciute per quell’occasione specifica; tra loro c’era questo signore distinto, anziano. 72 anni, cieco probabilmente da qualche decennio.Ho pensato potesse essere mio nonno
Era tanto carino, tanto cortese e ingenuamente ho pensato che potesse esser quasi mio nonno e mai mi avrebbe fatto del male; mi ci sono seduta accanto durante la colazione, e poi anche nel bus. A un certo punto, mentre stavamo seduti uno a fianco all’altro in silenzio sul sedile dell’autobus, sento la sua mano sul ginocchio.
Cosa c’è? Pensavo volesse chiedermi qualcosa, o comunque accertarsi della presenza di qualcuno al suo fianco. Lui, silenzio. La sua mano, dal ginocchio, inizia a salire piano piano. Inizialmente penso a una carezza; è un nonno, può essere che provi affetto per una ragazzina. Ma poi inizio ad avvertire qualcosa che non va, perché sento le dita muoversi insinuose sui miei jeans, come i tentacoli di un grosso polpo che prova ad arrampicarsi con le ventose e tenersi ben saldo sulla presa. Ti senti male? Può anche essere, magari soffre il bus. Per tutta risposta, silenzio, e la sua mano che arrivava oramai quasi all’inguine.
Il mostro sotto la corazza di persona gentile
Non c’era più tempo, dovevo difendermi perché sotto la corazza di persona gentile, era nascosto il peggiore dei mostri: un polpoporco, con i suoi tentacoli viscidi che avrebbero potuto arrivare ovunque.
A quel punto gli presi la mano e gliela tirai via di forza, gridandogli UCCELLO MORTO e lui mi disse “almeno un bacio, me lo strappi?”Sono passati vent’anni e lo ricordo ancora; mi girai e gli sputai addosso. Non so se gli ho preso la faccia, ma quella è stata una soddisfazione enorme, era l’unica arma che avevo al momento e soprattutto non era nessuno, eravamo entrambi allievi e lui non poteva avere alcun potere su di me. Lo sputo mio sicuramente era meno viscido delle mani sue.
Lo dissi a tutti
Poi, parlai immediatamente con tutti gli istruttori e il dirigente della scuola e per fortuna per tutto il resto del training non ho avuto più rapporti con lui neanche a voce, perché se lo sentivo parlare in una direzione io andavo dalla parte opposta; ma all’epoca, non sapevo nemmeno cosa volesse dire denunciare per cui mi son portata avanti per un bel po’ di anni una pesante repulsione verso il sesso maschile anche se, comunque, per fortuna, non ci fu altro contatto se non quelle cinque dita insistenti che mi avevano fatto i raggi X sulla gamba.
Hanno tentato di farmi sentire in colpa
Il problema più grande, è che questi atteggiamenti vengono, in qualche modo, giustificati: ogni volta che l’ho raccontato anche ad altre persone che si occupano di disabilità per lavoro, mi sentivo dire che “le mani sono il suo unico mezzo di comunicazione”, “non vede, si sente a disagio a parlare per cui tocca”. In tanti hanno cercato di farmi sentire in colpa quando trattavo con schifo le persone con disabilità visiva che si comportano così, ma non mi sono mai fatta convincere a smettere di sensibilizzare altre ragazze cieche sull’argomento e incoraggiarle a parlare qualora gli accada. “Gli occhi sono le mani”, dice qualcuno.
Non funziona come nei film
Nossignori, non ci siamo, non funziona così. Non è come nei film, che il cieco per conoscere l’altra persona deve metterle le mani addosso, questo è un retaggio di chi vede, che identifica una persona dalla faccia e dai colori dei capelli; la persona non è una scultura, ci sono mille altri parametri per poterla conoscere senza metterle le mani sulla faccia… O come in questo caso, altrove. Ma anche se due persone decidessero di conoscersi con le mani, ben venga se c’è il consenso di entrambi.
Non siamo angeli asessuati
Ma che un maschio debba metter le mani addosso alle donne così, e che molte di queste tendono ad usare la disabilità per giustificarlo, non esiste proprio. Le persone con disabilità non sono degli angeli asessuati, buoni a prescindere; anche tra di noi, esistono i maiali che se ne approfittano e anzi sono peggiori di quegli altri perché sfruttano la propria condizione. Mai sentirsi in colpa per aver provato fastidio a farsi toccare, sempre avere il coraggio di contrastare chi importuna, è questa la vera uguaglianza. Nel bene, e nel male.
Elena ci ha chiesto di proporvi questo video che racconta tante storie di donne vessate e umiliate perché disabili.