Una persona su due pensa che può rispettare allo stesso tempo la propria religione e la propria cultura se si riconoscono diritti alle minoranze sessuali e di genere. E quando si conosce personalmente qualcuno che appartiene a queste minoranze, si ha un’attitudine più positiva nei loro confronti. Sono due dei principali risultati della più grande ricerca mondiale mai realizzata pubblicati oggi. Il Global Attitudes Survey realizzato da ILGA (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association) e la canadese Riwi corp. è alla sua seconda edizione e mostra quale sia la percezione e le attitudini delle persone rispetto alle questioni legate all’orientamento sessuale, all’identità di genere, all’espressione di genere e alle caratteristiche sessuale comunemente percepite come minoritarie.
116 mila intervistati in 77 paesi del mondo
Lo studio è stato condotto in tutti i continenti per un totale di 116 mila interviste fatte in 77 paesi: cifre che definiscono lo studio come il più grande mai condotto a livello mondiale si questi temi.
Interviste condotte garantendo l’anonimato delle persone, cosa che ha permesso di raggiungere anche paesi difficili, da questo punto di vista, come l’Arabia Saudita, l’Egitto e la Nigeria.
“Intersex” è ancora una parola sconosciuta
I risultati si concentrano soprattutto sull’orientamento sessuale, l’identità e l’espressione di genere. Ma quello che emerge rispetto alle caratteristiche sessuali è che quello che si intende con “intersex” o “caratteristiche sessuali” non è ancora del tutto definito nella società.
“Un messaggio emerso da questi dati è che conoscere qualcuno che appartiene a queste comunità ha un effetto significativamente positivo sulle attitudini verso queste persone – commenta Aengus Carroll che ha lavorato alla ricerca -. A livello globale, il 41% degli intervistati conosce qualcuno che è sentimentalmente attratto da persone dello stesso sesso, il 35% conosce qualcuno che si veste, agisce o si identifica con un sesso diverso da quello di nascita. Abbiamo interpretato questo dato come l’indice che quando le persone conoscono personalmente, si ha un effetto di de-stigmatizzazione e si controbatte alla stereotipizzazione troppo spesso perpetrata da leader politici e religiosi oltre che dai media”.
Percentuali più alte a favore delle persone con identità di genere diverse dal sesso di nascita
Dai dati emerge che il 55% della popolazione globale è d’accordo che “uguali diritti e protezione devono essere garantiti a tutti, incluse persone sentimentalmente e sessualmente attratte da persone dello stesso sesso”. La percentuale sale al 59% quando si parla di persone che si vestono, si comportano o si identificano con un sesso diverso da quello di nascita. Ma il picco si ha quando la domanda viene posta a persone che conoscono direttamente chi appartiene a queste comunità arrivando al 73%. Tra coloro che non hanno mai incontrato una persona di orientamento sessuale o identità di genere diversi, le percentuali scendono rispettivamente al 44% e al 54%.
Il diritto all’identità
Lo stesso succede se si parla di diritto al riconoscimento dell’identità percepita con percentuali che variano dal 63% al 44% a seconda che si conosca o no qualcuno che vive questo tema.
Accettare le minoranze sessuali e di genere è qualcosa che si può conciliare con il proprio credo religioso per il 48% delle persone se si parla di orientamento sessuale e per il 53% se si parla invece di identità o espressione di genere.
Di queste persone, 3 su 4 dichiara di avere attitudini positive nei confronti di vicini di casa che rientrano in quelle che lo studio definisce minoranze sessuali.
“Attitudine positiva non significa uguali diritti”
“Anche se molti di questi dati possono essere letti come meno negativi di quanto si potesse immaginare – spiegano Ruth Baldacchino e Helen Kennedy, co-segretarie generali di ILGA -, sappiamo che attitudini positive non sempre si traducono nella piena uguaglianza. Al contrario, vediamo tutti i giorni che le nostre identità e i nostri corpi sono ancora usati come facili capri espiatori da leader che si appellano a “valori tradizionali” e cercano il supporto dei settori più conservatori della società”.
Le leggi servono?
L’efficacia delle leggi è evidente dai risultati dello studio. Negli stati che dov’è reato avere rapporti tra persone dello stesso sesso (25 dei 77 in cui è stata condotta la ricerca) c’è meno propensione verso l’uguaglianza dei diritti e la protezione e la socializzazione.
Solo il 46% degli intervistati in questi paesi, ad esempio, è d’accordo con l’uguaglianza dei diritti e la protezione verso persone con orientamento sessuale differente, mentre la percentuale passa al 60% negli altri paesi.
Una distinzione che ritorna quando si parla di tutele nei luoghi di lavoro con percentuali pari al 49% nei paesi con leggi contro le persone Lgbt e al 62% negli altri stati.
Leggi restrittive fanno società intolleranti
“Leggi restrittive, in altre parole, anticipano attitudini non inclusive – commenta Renato Sabbadini, Direttore esecutivo d ILGA -. Ecco perché questo sondaggio globale, con i suoi dati dimostrati – è uno strumento potente per l’avanzamento dei diritti delle persone che appartengono a minoranze sessuali e di genere in tutto il mondo: offre un’opportunità significativa di informare il pubblico sulle reali attitudini e aiuta non solo i difensori dei diritti umani, ma anche agenzie, aziende, organizzazioni del lavoro e governi, oltre che organizzazioni internazionali, nello sforzo di ridurre lo stigma, la violenza e le discriminazioni contro le nostre comunità. A coloro che usano l’ideologia per giustificare la discriminazione, rispondiamo con le prove e i dati che possono contribuire a cambiare il mondo e le realtà vissute da molte persone in tutto il mondo”.
I dati italiani
Ilga e Riwi hanno pubblicato anche i dati relativi ai singoli paesi. In Italia, il 62% delle persone intervistate pensa che chi è attratto da persone dello stesso sesso dovrebbe avere le stesse tutele e gli stessi diritti degli altri, mentre il 65% lo pensa delle persone con identità o espressione di genere diversi. Ancora, il 79% dichiara di non avere problemi ad avere un vicino di casa con identità o espressione di genere diversi da quelli assegnati alla nascita, mentre la percentuale scende al 68% se si tratta di persone omosessuali.
Il 62% degli italiani e delle italiane intervistate pensa che si possano conciliare il proprio credo e la propria cultura con l’accettazione di persone omosessuali o con identità di genere differente da quella assegnata alla nascita. Gli italiani si dichiarano anche pronti a sostenere o anche solo ad accettare coppie di persone dello stesso sesso come vicini di casa con percentuali che variano dal 78% nel caso di coppie di donne al 62% nel caso di uomini. Solo il 52%, però, si dichiara a proprio agio a socializzare con chi è attratto da persone dello stesso sesso, mentre la percentuale scende al 49% nel caso di persone con identità o espressione di genere differente dal sesso di nascita.