C’era da aspettarselo: l’esito del congresso di ArciLesbica non è piaciuto a diverse attiviste e a molte donne lesbiche, come si può vedere nei social. Ed è lì che è nato un coro di dichiarazioni e proteste, del tutto spontanee, contro gli esiti congressuali della “prima associazione lesbica italiana”. Associazione che ha deciso, nel week end appena trascorso, di adottare una linea in controtendenza rispetto alle rivendicazioni degli ultimi anni della comunità Lgbt. E le prime a non essere contente sono, appunto, le donne.
Una delle peggiori pagine della storia di ArciLesbica
«Come lesbica e attivista di Arcigay sono profondamente delusa e arrabbiata con chi ha appena scritto una delle pagine peggiori della storia di ArciLesbica Nazionale», non usa mezze parole Natascia Maesi, esponente del Movimento Pansessuale senese. «Chi è artefice o complice di questa scelta irresponsabile e miope» dichiara l’attivista «se ne farà carico». Una critica amareggiata, la sua, che investe direttamente l’apparato, ma che tiene conto del dialogo con le persone: «Con le tante donne lesbiche che, invece, da questa svolta reazionaria hanno preso le distanze, che contro questa scelta hanno coraggiosamente combattuto, è tempo di aprire un confronto aperto e sincero». E sul posizionamento di ArciLesbica, Maesi sembra non avere dubbi: la politica perseguita sino ad ora «colloca un’associazione storica quale ArciLesbica fuori dal Movimento Lgbtqia».
Se Arcilesbica piace agli omofobi…
Anche per Milena Cannavacciuolo, curatrice del sito LezPop, è arduo poter parlare ormai di quella realtà come interna al nostro movimento. Per la giornalista, infatti, ha vinto la linea più reazionaria interna all’associazione, quella «contraria ad ogni forma di surrogacy, nemica delle famiglie arcobaleno (per meglio dire, dei papà arcobaleno) che al Pride di Milano del 2016 esponeva striscioni offensivi contro le coppie che avevano fatto ricorso alla Gpa» e offendendo implicitamente «anche i bambini». Tale involuzione, ricorda ancora, ha per altro suscitato le simpatie di personaggi e movimenti omofobi, dopo le polemiche dell’estate scorsa con il Mit di Bologna «per aver condiviso e sostenuto le tesi delle femministe Terf». E «non a caso ArciLesbica piace tanto ad Adinolfi» accusa ancora, ricordando che «nel bel mezzo della bagarre con l’associazione sopracitata, ha avuto il sostegno delle Sentinelle in Piedi».
Non fuori, ma contro il movimento Lgbt
Sempre dall’attivismo, si leva la voce di Ottavia Voza, responsabile per i diritti delle persone trans nella segreteria di Arcigay, che su Facebook scrive: «Con il Congresso di sabato 9 e domenica 10 dicembre appare evidente che questa Arcilesbica, grazie ad uno statuto apertamente antidemocratico che mortifica la pluralità a la partecipazione […] non si pone FUORI, ma apertamente CONTRO il movimento Lgbtqi». Anche per Voza c’è il rischio che l’associazione venga assimilata alle forze reazionarie e omofobe del Paese: «Si tratta della più diabolica saldatura mai realizzata nella storia dei movimenti contemporanei per i Diritti» sottolinea l’attivista «tra forze apertamente e dichiaratamente omotransfobiche e fasciste con qualcosa che ancora ci ostinavamo a considerare come una componente del movimento». Per Voza l’associazione non è riuscita «a metabolizzare le mutazioni che negli ultimi trent’anni hanno profondamente modificato le ragioni e gli obiettivi dei femminismi».
Sono lesbica e non mi sento rappresentata
Critiche anche dal mondo della politica: «Mi chiamo Chiara. Sono lesbica. E non mi sento rappresentata da #Arcilesbica» è il j’accuse di Chiara Foglietta, consigliera comunale per il Pd a Torino. Per la rappresentante dem il «no alla gestazione per altri» ci fa «ripiombare, dopo anni di battaglie e rivendicazioni, nel medioevo». Ma non solo: «L’associazione rivendica di conoscere quale sia in assoluto il bene della donna e del suo corpo, non tenendo conto della volontà personale. L’assoggettamento del corpo femminile al mercato si combatte con norme, tutele, non con l’oscurantismo». Anche per Foglietta il congresso ha segnato una rottura profonda: «Non credo che Arcilesbica possa rivendicare piena agibilità per i posizionamenti femministi all’interno del movimento Lgbt. Stare in un movimento con più sigle vuol dire tener conto anche dei diritti degli altri e della comunità nella sua complessità».
Rintracciare la prospettiva del movimento
Invita a fare i conti con quanto successo Rossana Praitano, vicepresidente del Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli di Roma: «Se la mozione “estrema” avesse perso, per me, e a mia opinione per tutto il movimento, non sarebbe cambiato nulla. Quella posizione esiste e necessita di essere affrontata nell’agorà del movimento, anche perché, in quanto volutamente estrema e dirompente, condiziona, anche mediaticamente, il movimento intero». Per la storica attivista romana «non si tratta di gioire o rammaricarsi di una elezione» bensì «di pensare, agire, incontrarsi. Si tratta di demolire le macerie di vecchie rappresentanze esplose, di smontare le modalità virtuali di voce grossa senza verifica, di ritracciare con forza LA prospettiva del movimento». Con un fine nobile, ovvero «individuare quei percorsi che non vi appartengono, ma che sono ovviamente legittimi in democrazia, evidentemente aditi altrove».
Lo spettro della scissione
Voci ed esperienze diverse tra loro, per identità e per esperienza politica, tra le istituzioni e le associazioni arcobaleno. Eppure, su un aspetto convergono tutti i discorsi sollevati: da ieri ArciLesbica ha sancito la sua autoesclusione dal movimento Lgbt che negli ultimi anni, a cominciare dalle piattaforme dei pride, è andato in direzione della piena dignità delle persone trans e della tutela delle famiglie arcobaleno. Chi ha dato prova di aperta ostilità verso queste categorie, può dirsi interno a una certa realtà? Dentro la stessa associazione, intanto, serpeggia non poco malcontento. La mozione perdente ha diramato un comunicato in cui possiamo leggere: «Riteniamo che la nostra proposta “Riscoprire le relazioni” esprima un’alternativa politicamente valida e intendiamo portare avanti il percorso che ha dato vita al nostro documento, nei luoghi che riterremo opportuni con le persone e i gruppi che in questi giorni hanno dimostrato di credere nel progetto». Lo spettro della scissione – da se stessa, dalle donne e dal movimento Lgbt – è, insomma, dietro l’angolo.