Il Consiglio Nazionale delle Chiese in India, che rappresenta circa 14 milioni di fedeli, ha chiesto l’abolizione della legge che criminalizza l’omosessualità. La coalizione di chiese cristiane ha scritto una lettera alla Corte Suprema che, com’è noto, è stata chiamata a decidere sull’articolo 377 del codice penale indiano. In quell’articolo vengono condannate “le relazioni carnali contro l’ordine della natura”.
Un lascito colonialista
Nella lettera, le chiese scrivono che “l’omosessualità e l’omoerotismo sono praticati in India da tempo immemore” e che ” l’attività omosessuale non è mai stata condannata nell’India antica”. La missiva ricorda che è stata la colonizzazione britannica ad introdurre in India il concetto di omofobia, sulla base di valori di epoca vittoriana.
“Le chiese dell’India tenere in adeguata considerazione l’iniziativa della Corte Suprema di rivedere l’articolo 377 – continua la lettera – alla luce dei diritti costituzionali, del diritto alla privacy e del vangelo di giustizia e amore”.
“Una società inclusiva e amorevole”
“Come seguaci del Cristo anti conformista, colui che interrogò frequentemente le tradizioni ingiuste e non compassionevoli della morale pubblica – scrivono – il nostro appello è a rifiutare tutte le leggi che demonizzano, criminalizzano ed escludono essere umani e a lavorare per facilitare comunità inclusive e amorevoli”.
La lettera spiega poi che l’articolo 377 “dà allo Stato il potere di intervenire, invadere, regolare e monitorare anche le sfere intime della vita umana. Questo codice repressivo, inoltre, riduce il corpo umano e la sessualità in ‘colonie’ che possono essere invase, domate e salvate mostrando un potere abusante degli ufficiali di polizia e giudiziari dello Stato e ai violenti interventi del monitoraggio morale del Diritto Religioso”.
La decisione della Corte Suprema, della quale in questi giorni si è parlato molto sulla stampa internazionale, è attesa prima di ottobre del 2018.