Incuriositi da commenti, piuttosto arrabbiati, su Facebook e Twitter a proposito della puntata di Forum andata in onda ieri mattina, abbiamo aspettato che fosse online per poterla vedere (la potete vedere qui) e capire cosa fosse davvero successo.
Le premesse erano buone
Il giudice Francesco Foti è stato chiamato ad esprimersi sul caso di un ragazzo omosessuale buttato fuori di casa dal padre proprio in ragione della sua omosessualità. Una storia come tante, ahinoi, che dal tribunale di Forum avrebbe potuto lanciare un messaggio chiaro di condanna ad ogni forma di omofobia, specialmente quella che si consuma in famiglia ai danni di figli e figlie spesso ancora minorenni. Del resto, ci sarà un motivo se lo scorso anno al Gay Village di Roma Barbara Palombelli, la conduttrice del programma, ha ricevuto un premio proprio per la sua trasmissione.
Obiettivo raggiunto? No. Nell’interpretazione più benevola, forse, ni. Ma andiamo con ordine.
La storia
Tancredi cita in giudizio il padre Salvatore che, dopo averlo abbandonato da bambino perché figlio di una relazione extraconiugale, lo riprende con sé quando la madre del ragazzo muore in un incidente stradale e lui rimane solo con un nonno alcolista e una nonna che non gli rivolge più la parola. Non che prima le cose andassero benissimo. Tancredi racconta di avere avuto una madre anaffettiva, che avrebbe preferito abortire e da cui non ricorda un gesto d’affetto sincero. A 14 anni, Tancredi comincia a capire di essere omosessuale. Anche il padre intuisce qualcosa e lo manda dallo psicologo. Non perché lo aiuti a capire che non c’è niente di male nell’essere gay e a vivere serenamente la propria identità sessuale. Ma perché lo “converta” in eterosessuale. A 16 anni fa definitivamente coming out, ma il rapporto col padre è talmente compromesso che il ragazzo è costretto ad andarsene di casa. Ad accoglierlo sarà la famiglia del suo fidanzato che, invece, ha imparato a vivere con tranquillità l’orientamento sessuale del figlio. Tancredi chiede al padre 500 mila euro di risarcimento.
Vera o no, il problema non è la storia
Il punto non è quanto la storia sia vera o scritta dalla redazione e interpretata da attori: qualcuno su Twitter dice di aver riconosciuto Salvatore, già visto in altre puntate e sulla veridicità delle storie di Forum c’è da sempre più di un dubbio. Oltre al fatto che ci sono alcune incongruenze, nel racconto. Il punto è quello che il giudice Foti e la stessa Barbara Palombelli dicono durante la puntata. Quando Tancredi definisce “gravissimo” che il padre abbia tentato di farlo “curare” e gli scappa un sorriso amaro, il giudice gli risponde: “Non dovrebbe ridere, perché è l’ultima teoria in materia”. Il ragazzo obietta: “Scientificamente non si può cambiare una predisposizione personale”.
“Un problema di condizionamento cerebrale”
Foti incalza: “E invece pare che sia così”. Ancora: “Queste teorie non dicono che è sbagliata (l’omosessualità, ndr): dicono che è un problema di condizionamento cerebrale in base all’ambiente, in base a come si cresce”. Ma non è finita qui. Più avanti nella discussione, il giudice chiede al ragazzo se proprio la sua infanzia difficile, con una madre anaffettiva e dei nonni scarsamente presenti non sia stata letta dai terapisti che l’hanno seguito come un elemento alla base della sua omosessualità. Pensate che sia tutto? Niente affatto. Ad un certo punto Foti sprona il ragazzo a dividere la vicenda in due fasi: “la prima quando suo padre le è stato vicino e l’ha mandato in terapia, la seconda quando poi ha iniziato a sbagliare”, ovvero quando lo ha costretto ad andarsene di casa. Fermi, fermi perché non è ancora finita.
Gay, sì, ma non in pubblico
Il padre, che per tutta la puntata parla di “vizio”, di “perversione”, di vergogna per sé e per la sua famiglia (cosa che non stupisce: perché tutto riesca è quello il ruolo che deve recitare) rimprovera al figlio di averlo umiliato andando in giro per il paese mano nella mano con il suo ragazzo. A questo punto il giudice Foti dice: “Era necessario girare in un piccolo paese, mano nella mano? Lei chiede rispetto e lo merita, ma deve anche rispettare gli altri. Se in un piccolo paese, questo crea imbarazzo a suo padre, lo rispetti”. Pausa, respiro profondo. Andiamo avanti.
Un colpo al cerchio e uno alla botte
Nell’arco della puntata, che è iniziata con una condanna dell’omofobia da parte della conduttrice, Palombelli legge messaggi giunti in redazione di mamme che amano i loro figli gay, di figli che hanno fatto coming out e sono stati rifiutati, di genitori che raccontano la commozione all’unione civile del figlio. Messaggi positivi, di accettazione, certo. Se non fosse che ad un certo punto va in onda una brevissima intervista ad una sessuologa che, dopo avere spiegato l’infondatezza delle terapie riparative, aggiunge che “nasciamo tutti bisessuali, nel corso della vita, a seconda degli eventi, ognuno di noi segue il suo istinto”. Tornati in studio, è la stessa Palombelli a dire che “esistono delle terapie che si possono tentare”. Poi la bella testimonianza della suocera di Tancredi, che invece il figlio lo ama e lo ha accettato. Un colpo al cerchio e uno alla botte.
La condanna che non basta
Alla fine il giudice condanna Salvatore a risarcire il figlio, spiega che è venuto meno ai suoi doveri genitoriali e che quello all’identità sessuale è un diritto inviolabile sancito dalla Costituzione. “L’omofobia è insopportabile” aveva anche detto durante il dibattimento. Salvatore viene anche condannato per avere danneggiato la vita di coppia del figlio, questa volta a 50 mila euro. La puntata si chiude con la conduttrice che esclama, voce ferme e sguardo fisso in camera: “L’omofobia può causare dei danni che vanno risarciti”.
Le terapie riparative
Giusto: l’omofobia può causare danni. Anzi, li causa sempre. E sa, signora Palombelli, cos’altro causa danni gravissimi? Le terapie riparative che, a dispetto di quanto detto durante la trasmissione non sono “nuove teorie mediche”, ma pratiche rifiutate e condannate da tutta la comunità scientifica. Lo sapete, lei e il giudice, che qualsiasi medico o psicologo tenti di “riparare” una persone omosessuale rischia di essere radiato dall’ordine di appartenenza? E sapete, anche, che in alcuni stati sono vietate? C’è una ragione molto semplice per questo: l’omosessualità è “una variante naturale del comportamento umano ” (Organizzazione mondiale della Sanità), non una malattia o un disturbo per cui tentare “terapie”.
L’aiuto psicologico
L’unico aiuto psicologico di cui, spesso, le persone omosessuali hanno bisogno serve a combattere l’omofobia interiorizzata, ovvero la difficoltà ad accettarsi perché là fuori c’è un mondo intero che pensa che siano viziosi, perversi, malati da curare, ragazzi e ragazze “diventati” omosessuali per traumi infantili e altre assurdità simili. Assurdità come quelle che ha sostenuto il giudice Foti secondo cui camminare mano nella mano col proprio fidanzato sia una “mancanza di rispetto” e non lo sia, invece, costringere un adolescente a sottoporsi a truffaldine terapie per correggere qualcosa che non ha niente per cui essere corretto.
La Tv, l’audience e la responsabilità
Forum è una trasmissione storica e molto seguita. Questo comporta delle responsabilità. La responsabilità verso i telespettatori che hanno il diritto di ricevere informazioni corrette e veritiere, non di spegnere la TV e pensare che sì, si può essere gay, ma magari senza farlo vedere troppo in giro, ché crea imbarazzo. E che se vuoi, insomma, qualcosa puoi fare per risolvere il “problema di condizionamento cerebrale”. Certo, non siamo nati ieri, sappiamo che in TV comanda l’audience, come sul web comandano i click. E sappiamo anche che un bel polverone dopo la puntata fa solo gioco alla trasmissione stessa. Forse, però, bastavano le nefandezze fatte pronunciare al padre del ragazzo per alzare i dati dell’ascolto, no? Non era necessario assecondare il pregiudizio strisciante di chi pensa che i gay si possano curare. Perché omofobia non è solo aggredire, picchiare, insultare o buttare un figlio fuori di casa: è anche pensare che essere gay sia qualcosa da cui si può “guarire”.
E io la a ripetere che dal punto di vista della psichiatria cioè della medicina in Italia il sistema sanitario nazionale considera ancora valida la diagnosi di omofobia egodistonica che di fatto e un trucco per permettere a tutti i medici di proporre terapie riparative e ai genitori degli adolescenti di obbligarli a seguirle.
È per questo che stiamo fondando l’associazione di medici e personale sanitario lgbt e gayfriendly AMIGAY
1) ottenere la completa depatologizzazione egli Italia dell’omosessualità e per conseguenza negare validità alle terapie riparative
2) realizzare corsi di formazione per i medici e il personale sanitario ma anche per gli studenti delle facoltà sanitarie a partire da medicina e chirurgia sugli argomenti sex orienteering e medicina di genere lgbt senza le quali oggettivamente i medici continuerebbero ad essere semplicemente ignoranti nel merito