Candidature Pd, la comunità lgbt insorge: “Escludere Lo Giudice? Un’umiliazione”

La notizia dell’esclusione di Sergio Lo Giudice dalle liste del Pd, paventata in queste ore, sta provocando reazioni nel movimento LGBT, colto di sorpresa da quella che sembrerebbe essere la decisione di Renzi. Fa discutere non solo l’esclusione, ma anche la concomitante blindatura di Casini a Bologna, collegio naturale di Lo Giudice.
“Un partito che blinda Casini e non riserva lo stesso vantaggio a uno come Sergio Lo Giudice – commenta il presidente del Cassero di Bologna Vincenzo Branà, – dà un segnale chiaro a noi come comunità lgbt. Perché al di là dei programmi elettorali ci sono le persone che quei programmi li rendono attuabili in parlamento”.

Vincenzo Branà

“Rivendicano le unioni civili ed escludono chi si è battuto”

“Lascia molto perplessi che accendendo la televisione si sentano esponenti del Pd rivendicare la legge sulle unioni civili ad ogni piè sospinto – continua – e poi apprendere che il partito decide di punire proprio quei parlamentari che di quella battaglia si sono fatti carico sulla propria pelle. Dobbiamo ricordare che mentre una parte della maggioranza lottava per ottenere la legge, un’altra parte, quella di Lorenzin e Casini, si batteva per azzoppare il testo. Ed è a questa parte della maggioranza uscente che il Pd riserva posti sicuri”. “C’è della schizofrenia in tutto questo – conclude – e ci dice molto del Pd che sarà. E’ anche una brutta pagina per Bologna che non avrà più una persona come Lo Giudice in Parlamento. Sono sempre meno le persone che accedono alla politica perché portatrici di una storia, di una battaglia politica. Lo Giudice è una persona così e che il Pd bolognese non abbia fatto per lui lo stesso sforzo di ostinazione fatto per altri nomi, lascia sconcertati”. Una storia riconosciuta alle scorse politiche quando Lo Giudice conquistò la candidatura vincendo le primarie.

“Un nome che il territorio ha chiesto, al contrario di Casini”

Sempre da Bologna arrivano le dichiarazioni di un’altra associazione lgbt, il Red. “Il nome di Lo Giudice è emerso chiaramente durante le consultazioni dei territori – dice Matteo Cavalieri a Gaypost.it – non solo per le questioni dei diritti civili, va sottolineato. Sergio si è speso sulla questione delle carceri e dei detenuti, solo per fare due esempi, e anche su temi legati al territorio. E in un Senato che si prospetta poco aperto sui diritti, una presenza come la sua sarebbe una garanzia”. Cavalieri torna, poi, sulla questione Casini: “Non ha niente a che vedere con le battaglie della sinistra bolognese, tutt’altro – spiega -. Il territorio non lo vuole, ma il Pd fa fuori Lo Giudice che, invece, avrebbe il sostegno dell’elettorato?” “E’ una scelta miope dettata dal fatto che questo è considerato un seggio sicuro – insiste Cavalieri -. Ma lo è perché abbiamo nomi validi, di persone con storie precise, che si sono spese in un certo modo. Così il Pd perde consensi. E perdiamo tutti”.

“Un disegno politico preciso”

Marilena Grassadonia

“I temi dei diritti civili in questa campagna elettorale sono assenti – aggiunge Marilena Grassadonia, presidente di Famiglie Arcobaleno -. Forze politiche che vantano percentuali di consensi importanti mostrano un atteggiamento poco attento, anche in termini di nomi scartati dalle candidature, mentre altri con un seguito meno importante si stanno spendendo di più”. Per Grassadonia “si pensa alle unioni civili come ad un traguardo raggiunto che ha messo nel cassetto una richiesta di uguaglianza”. Ma, sottolinea la presidente di Famiglie Arcobaleno, “non è così: lo diciamo da sempre e continueremo a dirlo”. “E’ singolare che i nomi che vengono dati per incerti siano quelli di chi è stato attaccato da quella fetta di parlamento e di società civile ostile alla realtà delle nostre famiglie – aggiunge -. Candidare Casini e non Lo Giudice è l’ennesima dimostrazione che quell’accordo al ribasso sulle unioni civili non è stato un incidente di percorso, ma un disegno politico preciso”.

“Il Pd confermi un protagonista delle unioni civili”

Al coro di dissenso verso le scelte del Nazareno si aggiunge il segretario nazionale di Arcigay Gabriele Piazzoni che rivolge un appello “affinché si confermi la pattuglia dei parlamentari che si sono spesi a sostegno delle istanze LGBTI”. “La politica è fatta di programmi – continua Piazzoni – ma anche di persone che di quei programmi sono la garanzia. E l’impegno profuso nei provvedimenti relativi alle battaglie per i diritti civili e sociali non può essere dimenticato da nessuno”. “In particolare in queste ore di rumors sulle liste del Partito Democratico – conclude -, dai quali sembra rischiare l’esclusione il senatore Sergio Lo Giudice, il nostro appello va affinché Renzi e il PD confermino la candidatura di uno dei protagonisti della battaglia per la legge sulle unioni civili”.

“Le battaglie vinte si confermano anche con i nomi”

Sebastiano Secci

Per il Circolo Mario Mieli di Roma è un “clima di allarme generale” quello di oggi. “Chiediamo intanto a tutti i partiti di esprimere chiaramente e senza timidezze i punti programmatici in tema di diritti civili in generale e nello specifico sulle tematiche di orientamento sessuale ed identità di genere” è l’appello del presidente Sebastiano Secci. E con una legge elettorale che lascia in mano alle segreterie la scelta dei candidati, il Mieli chiede che vengano esclusi “candidati le cui storie o dichiarazioni siano razziste, omofobe o misogine, e che siano anche ricandidati tutte e tutti coloro si sono spesi con tenacia e coerenza nelle battaglie civili, portando avanti contenuti e modalità progressive sui diritti civili”. “La legge sulle unioni civili e quella sul biotestamento – conclude – sono battaglie vinte e vanno confermate anche riconoscendo il ruolo di chi le ha combattute con maggior contributo. La buona politica si misura anche con la scelta delle persone giuste e con il riconoscimento del lavoro svolto; la cattiva politica si misura anche con scelte dettate dalla fedeltà al capo partito a prescindere del valore e del lavoro svolto”.

“Uno dei politici più rispettabili”

A difesa della candidatura Lo Giudice si schiera anche Cathy La Torre che pure è dirigente di Liberi e Uguali, tecnicamente avversaria del Pd. “Non ricandidare Sergio Lo Giudice è il segno che nel prossimo parlamento non interessa portare le storie di noi persone lgbt, le vite e il bisogno che quelle vite vengano presidiate da chi ne ha esperienza diretta – scrive l’avvocata -. Come esponente di LEU verrebbe da gioire pensando a una campagna elettorale in cui il Pd candida Casini a Bologna, patria dei diritti civili, e scarica Sergio Lo Giudice”. ”
Ma siccome sono per prima una cittadina e una attivista del movimento lgbt – continua – dico che l’errore del Pd è gravissimo e che colpisce indirettamente tutt*, perché Sergio è stato anche uno dei Senatori più bravi e integri. E io che ho avuto l’onore di lavorare tanti anni con lui in Consiglio Comunale dico che è anche uno degli uomini politici più rispettabili e seri d’Italia”.

“Un’umiliazione non candidarlo”

Ma il dissenso si registra anche dentro il Pd. In un post pubblicato sulla propria pagina Facebook, Dems Arcobaleno (comitato tematico di Dems che fa capo al ministro Orlando) gli aderenti al gruppo si dicono “sconcertati e profondamente amareggiati di fronte a questa notizia”.
Il rispetto di una minoranza, qualunque minoranza – si legge nel post – impone di ascoltarne la voce, e non di scegliere per essa. Se confermata, l’esclusione di Sergio Lo Giudice dalle liste elettorali del PD sarebbe una umiliazione non solo per la minoranza del Partito, per Dems e per Retedem, per chi ha scelto di rimanere, mentre altri abbandonavano la nave, ma anche per la comunità LGBTI”. “La storia e l’impegno di Sergio parlano da soli – conclude il post -. Dems Arcobaleno auspica fortemente che si torni sui passi malamente compiuti, e si pongano le basi per una campagna elettorale aperta all’ascolto e unitaria”.

Infine, sulla vicenda si è espresso anche l’eurodeputato Daniele Viotti, orlandiano anche lui, che sul suo profilo Facebook ha definito l’esclusione di Lo Giudice “un pessimo segnale non solo per la comunità lgbti italiana ma per la garanzia di tenuta sulla laicità del Partito stesso”.

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