Un successo oltre tutte le aspettative: il corso di Storia dell’omosessualità, che si svolge all’Università di Torino nella sede di Palazzo Nuovo, di ha registrato un vero e proprio boom di iscrizioni. Inizialmente, infatti, era stata prenotata un’aula di cinquantasei posti, ma le adesioni sono arrivate a trecento ed è stato necessario trovare una location più ampia.
Come l’omosessualità cambia nei secoli
«La prima lezione sarà un’introduzione sui concetti di genere» ha dichiarato Maya De Leo, la docente che si occupa del corso, a Repubblica. «Fornirò» rivela «una prima illustrazione di come le categorie siano cambiate nel corso dei secoli». Sì, perché le definizioni di fenomeni specifici e lo stesso sviluppo della comunità – in termini di identità e di proposta politica – cambiano nel tempo e nello spazio: «Nel tardo Settecento l’intersessualità si chiamava ermafroditismo ed era intesa con una sua specificità, che poi nell’epoca contemporanea è stata negata. Ancora oggi un corpo che non è né chiaramente maschile né chiaramente femminile non viene accettato e viene corretto chirurgicamente».
La struttura del corso
Il corso prevede sedici lezioni, dalla “costruzione” dell’omosessuale moderno alla definizione di comunità arcobaleno, passando per la repressione dei regimi autoritari – come avvenuto in Germania, dal nazismo, dove pure esisteva una forma embrionale di gay community – e cercando di far comprendere che «il percorso delle tematiche omosessuali nei secoli non è lineare» sostiene ancora De Leo, e che «ci sono momenti di regressione, di stallo e di progressione». Una domanda di cultura, in chiave Lgbt, che Torino ha avuto il grande merito – storico e sociale – di aver captato.