Com’era prevedibile in un paese come il nostro, un caso di omogenitorialità – nello specifico, quello che coinvolge le vite di Chiara Foglietta, della sua compagna Micaela Ghisleni e del piccolo Niccolò Pietro, nato dalla loro unione – ha scatenato polemiche, dubbi e perplessità. È il prezzo da pagare quando si fanno dell’arretratezza cifra politica, del tifo da stadio metodo di comunicazione e dell’incomprensione l’obiettivo finale. Purtroppo.
Se Vespa non sa distinguere tra adozione e genitorialità
Vorrei parlare, ad esempio, di ciò che si è visto ieri sera a Porta a porta. Bruno Vespa ospitava sia Monica Cirinnà, sia la leghista Barbara Saltamartini, chiamate a parlare del caso di Torino. Sono andate in onda, al solito, contrapposizione e incomprensione. Sebbene la senatrice dem abbia spiegato in modo egregio – vista anche la complessità dell’argomento – cosa sia la responsabilità genitoriale alla nascita, mentre sia Vespa sia la deputata della Lega hanno fatto confusi riferimenti ora alla stepchild adoption, ora all’adozione vera e propria. Con un sussurro di sottofondo: la legge impedisce l’adozione ai gay perché essere genitori è, alla fine dei conti, cosa da eterosessuali. Avanguardia pura, insomma.
L’omogenitorialità è una scelta ponderata
Eppure Micaela Ghisleni, anche lei ospite, l’aveva spiegato bene: nel momento in cui una coppia di persone dello stesso sesso decide di mettere al mondo una nuova vita, fa di quell’atto fondativo – che ha la sua sede primaria nel pensiero e nel consenso – la base che dovrebbe legittimare sul piano dei valori il senso di quella nascita. Scelta ponderata e, mi si permetta di dirlo, molto più di certe gravidanze che nel mondo eterosessuale vengono per disattenzione o in modo inaspettato (e si badi, non sto facendo graduatorie di legittimità: ogni scelta o ogni vita son degne di rispetto).
La scelta di Torino? Nessuna forzatura
Non ho potuto, ancora, fare a meno di notare una certa ignoranza – talmente incarnita nel pensiero di chi la produceva da far sorgere il dubbio che fosse nutrita anche da una dose di malafede – sul piano del diritto. Non sono io che devo dare lezioni in ambito giuridico, ma da osservatore se ben due professionisti (e mi riferisco a Michele Giarratano e a Marco Gattuso) ci spiegano che l’atto della sindaca Appendino ha solide basi giuridiche e non è un forzatura, posso fare due cose: o ci credo fideisticamente oppure, preferibilmente, cerco di capire perché. Documentandomi.
Cosa prevede la legge
Il quadro normativo attuale prevede la legge 40: essa impone alla coppia che ricorre all’eterologa di riconoscere il figlio concepito. La legge sulle unioni civili, pur nella sua incompletezza, uniforma i diritti delle coppie dello stesso sesso a quelli di chi si unisce in matrimonio. Ergo, una coppia omogenitoriale che decide di avere un bambino ha poi l’obbligo di riconoscerlo. Questo a prescindere da chi dei due sia legato biologicamente al piccolo, esattamente come in una coppia etero. Basterebbe avere un minimo di curiosità scientifica, una discreta dose di buona volontà e una certa predisposizione all’onestà intellettuale per capirlo senza troppa fatica. Qualcuno dovrebbe informare Vespa e Saltamartini, a questo punto.
Così si discriminano i bambini…
C’è, infine, un ultimo piano se vogliamo più “umano”. Lo accennava ieri anche Monica Cirinnà: scagliarsi contro la registrazione di Niccolò Pietro significa, senza molti fronzoli, andare contro gli interessi del bambino. Significa rendergli la vita impossibile a livello burocratico, impedire a una delle sue madri – quella che lo ha voluto, attraverso il consenso di cui sopra – di accompagnarlo a scuola o di portarlo in vacanza, ecc. È questo il prezzo che il nostro paese è disposto a pagare, solo per far dispetto alle coppie dello stesso sesso?
…che un giorno ci giudicheranno
Se non fosse sufficientemente chiaro, qui il problema non è la legittimità di voler essere genitori: come abbiamo già visto, quella legittimità è data nel momento in cui si fa una scelta ponderata in nome di un progetto di vita che prevede altra vita. E ciò vale sia per le coppie di padri (pazienza se qualcuno/a si farà rodere il fegato) sia per le coppie di madri. Il vero problema, ribadiamolo, è il grado di violenza istituzionale e culturale che si esercita su bambini e bambine. Siamo di fronte a questo bivio. Poi si faccia la scelta che si ritiene più opportuna. Quei bimbi un giorno ci giudicheranno di conseguenza.