Stavano andando a prendere la metro, in piazzale Segesta, quando in sei si sono avvicinati ed hanno cominciato a insultare uno dei tre amici. Tutto sembra essere nato per via di una giacca rosa. “Io amo il rosa” racconta a Gaypost.it il ragazzo aggredito che chiede di non fare il suo nome perché non vuole che i suoi aggressori possano saperlo. Da qui in avanti lo chiameremo L. Ma torniamo ai fatti.
“Pensavo di averlo urtato, gli ho chiesto scusa”
L. e i suoi amici, lunedì 30 aprile scorso intorno alle 19, stavano camminando in piazzale Segesta quando sei ragazzi intorno ai sedici anni hanno cominciato a spintonarlo. “Alla prima spallata pensavo di averlo urtato io – racconta L. -. Mi sono caduti gli occhiali, ma gli ho anche chiesto scusa”.
Poi è arrivata la seconda spallata, poi la terza. Poi le percosse. Ma L. è riuscito a rimanere in piedi, senza mai cadere a terra. I sei non si sono arresi ed hanno iniziato a sputargli addosso.
Gli insulti
“Mi urlavano frasi omofobe. Cose come ‘ti sembra una giacca da uomo? devi fare l’uomo’. Poi anche ‘frocio di merda’, ‘ricchione’, domande provocatorie come ‘lo prendi o lo dai?’ – racconta ancora il ragazzo, diciottenne, a Gaypost.it -. E poi mi hanno minacciato. ‘Se ti fai vedere da queste parti di ammazziamo’, mi hanno detto”.
L. non vive in quella zona, ci passa ogni tanto. “Casa mia però dista una decina di minuti da lì e ora ho paura anche ad andare in giro nella zona in cui abito – spiega -. Sai che può succedere, ma quando succede cambia completamente la percezione”.
L’arrivo della polizia
Uno degli amici che era con L. avrebbe voluto rispondere all’aggressione, ma gli altri due lo hanno fermato. “Sapevamo che la cosa migliore era allontanarsi e chiamare la polizia, cosa che abbiamo fatto” continua a raccontare. La volante è arrivata una ventina di minuti dopo. “I poliziotti ci hanno preso i documenti e ci hanno chiesto dettagli su cosa fosse successo, ma poi ci hanno spiegato che tanto non sarebbe successo niente – aggiunge -. Sostengono che per quel tipo di aggressione, ammesso che mai possano trovare gli autori, al massimo ci scapperebbe una multa. E quello è un quartiere molto popolare: non la pagherebbero neanche”.
L. non si è arreso e il giorno dopo, insieme ai suoi due amici, è andato a sporgere denuncia in Questura. “Ci hanno detto la stessa cosa – spiega -: ho capito che nessuno farà niente”.
Non è il primo caso
L. è un attivista di Arcigay Milano, è nel gruppo scuola e in quello giovani ed è proprio l’associazione milanese che ha reso nota l’aggressione in un post pubblicato ieri sera sulla sua pagina Facebook. “In una nostra chat di gruppo abbiamo saputo che qualche giorno prima, nella stessa piazza, un altro ragazzo era stato insultato con frasi omofobe – spiega -. Dalla descrizione abbiamo capito che si trattava delle stesse persone”.
Domani presidio in piazzale Segesta
“La cosa che mi ha colpito di più è stato ritrovarmi a pensare che anche se avessi avuto delle ferite addosso, dei segni evidenti di quanto successo – aggiunge L.- non sarebbe cambiato niente. E’ per questo che ci serve una legge contro la violenza omofobica e transfobica, come esiste per tutte le altre discriminazioni”.
A sostegno di L. il Circolo dei Giovani Democratici “Mistero Buffo” di Milano ha organizzato un presidio per domani.
L’appuntamento è dove c’è stata l’aggressione, in Piazzale Segesta, alla stessa ora dei fatti, le 19. “Vorrei che venissero tante persone e che ognuno portasse con sé qualcosa di rosa” conclude L.
La denuncia di Arcigay Milano
“Quanto avvenuto è grave perché non è pensabile in una società civile che ragazzi o ragazze non possano passeggiare liberamente in una città – scrive Arcigay Milano -. È grave perché quanto accaduto è specchio di una cultura dell’intolleranza che da anni sta imperversando strade e discorsi politici. Quanto è avvenuto è grave perché mostra in maniera inequivocabile quanto discorsi e pensieri omotransfobici o comunque di intolleranza verso le minoranze, espressi per finalità politiche, si tramutino poi in azione da parte di fasce di popolazione più suscettibili e vulnerabili”.
“Chiediamo e confidiamo nelle forze dell’ordine affinché questi episodi non abbiano più ad avvenire – aggiunge l’associazione -. Chiediamo un livello di responsabilità sociale maggiore a chi, occupando un ruolo pubblico, usa parole che possono diventare “pesanti” quando poi diventano pensiero sociale.
Le società civili, per essere tali, esigono uno sforzo comune nella tutela dei valori di libertà e di rispetto. La tutela delle minoranze è lo specchio della civiltà e della laicità di una nazione. È una responsabilità importante che tutt* dobbiamo condividere e abbracciare”.