Episodio gravissimo al Siracusa Pride di ieri: secondo le dichiarazioni di due ragazze, la Digos ha impedito che si esponesse uno striscione critico con Matteo Salvini, l’attuale ministro dell’Interno. Lo striscione incriminato riportava la seguente frase: “X sempre in lotta contro Salvini, l’omofobia e tutti i confini”. Messaggio ritenuto irricevibile dalle forze dell’ordine che hanno censurato le manifestanti. Abbiamo contattato sia Daniela Campo, una delle due donne, e Armando Caravini, presidente di Arcigay Siracusa per raccogliere la loro testimonianza.
“Non puoi manifestare contro il governo”
Daniela racconta che nella piazza del concentramento erano stati posati due striscioni, gli unici della parata. «Noi abbiamo aggiunto il nostro. Dopo qualche minuto poi uno degli organizzatori va da Emanuela» l’altra ragazza «e le dice che va tolto, non può sfilare perché alla polizia non piace». Le due si mettono d’accordo per srotolare lo striscione dietro il corteo, ma lì la Digos torna alla carica. «Si è avvicinata una donna che mi ha detto “Questo striscione non può essere mostrato”. Le chiedo perché. Mi risponde: “Perché è contro il governo“».
Chiedere il permesso per uno slogan
Daniela difende la sua posizione: «Dico a quella donna che sto solo esprimendo la mia opinione». Niente da fare: la incalza, dice che non è autorizzato. «Le ribatto che non sapevo bisognasse chiedere un’autorizzazione prima di scrivere uno slogan. Mi ribadisce che lo striscione va chiuso, che gli organizzatori erano già stati richiamati e quando le dico che io non ho nulla a che vedere con l’organizzazione, va via». Qui, quindi, entra in scena l’organizzazione del pride locale. «Pochi minuti dopo arriva un tipo mandato dagli organizzatori» dice ancora Daniela. Si tratta di Armando Caravini. In un secondo momento è arrivato un altro ragazzo.
Le pressioni delle forze dell’ordine
A sentir Daniela, il secondo ragazzo le ha detto «che la Digos li ha richiamati e quando cerco di discutere con lui sulla questione, cambia tono. Mi chiede supplichevole di non creare problemi perchè la Digos avrebbe minacciato di bloccare il corteo. Gli rispondo che lo faccio solo perchè non voglio boicottare la parata, ma disapprovo e ritengo codardo quel gesto». Daniela afferma, inoltre, che durante la parate lei e la sua amica sono state “controllate” dagli organizzatori, per vedere se avessero ancora lo striscione in mano.
Le minacce al pride
Armando Caravini dà la sua versione dei fatti: «La Digos è arrivata da me, dicendomi di far rimuovere lo striscione perché troppo provocatorio. Abbiamo provato a opporci alla loro richiesta, ma sono rimasti irremovibili». Il quadro fornito da Caravini – che conferma di aver dato l’ok perché le due ragazze manifestassero a fine corteo con il loro striscione – riprende gli elementi inquietanti già accennati. «Pensavo che le forze dell’ordine avrebbero chiuso un occhio». E invece hanno contattato il vicepresidente di Arcigay Siracusa, Gianluca Melfa, dicendo che ne avrebbero risposto personalmente se il materiale delle ragazze non fosse stato rimosso, «arrivando a minacciare» continua Caravini «che avrebbero bloccato persino il corteo».
La polemica sui social
Per Caravini, dunque, non è stata un’iniziativa del coordinamento del pride: Melfa, che è andato a parlare con le ragazze successivamente, ha solo chiesto la cortesia di togliere il manifesto contestato. La versione di Daniela, invece, è confermata sia dalla sua amica sia da altre persone che erano lì. La polemica tra Arcigay Siracusa e le ragazze è proseguita sui social network. «L’anno prossimo» si lamenta sul suo profilo la donna «piuttosto vado alla sagra dell’aringa affumicata», dopo un post in cui dà la sua versione dei fatti, accusando l’associazione siracusana di connivenza. Caravini sostiene, invece, di essersi scagliato contro il governo in segno di solidarietà alle ragazze. Il coordinamento ha anche diramato un comunicato ufficiale sulla vicenda.
Prima regola della democrazia: si può criticare il governo
Al di là delle incomprensioni tra organizzazione e manifestanti, è grave – qualora le cose fossero andate in questo modo – che la Digos e la polizia abbiano fatto pressioni su libere cittadine per impedire loro di manifestare liberamente e di esprimere il loro pensiero, così come garantito dalla Costituzione. Così come è altrettanto grave che si minacci di bloccare una manifestazione democratica perché ci sono “slogan contro il governo”. La prima regola di una democrazia compiuta, infatti, è proprio la possibilità di criticare i politici, soprattutto quelli che ricoprono posizioni di potere. Una pagina buia della storia democratica dell’Italia del “governo del cambiamento”. L’ennesima, dopo i fatti di Ivrea e dopo il fermo dei giornalisti, a poche settimane dall’arrivo di Salvini all’Interno.