Verona sarà “città a favore della vita”. A stabilirlo, una mozione – la numero 434 – approvata ieri 4 ottobre in consiglio comunale con 21 voti a favore e 6 contrari. Secondo quanto previsto dal provvedimento, e come denunciato da Non una di meno Verona, sulla propria pagina Facebook, si finanzieranno le «associazioni cattoliche a scopo di lucro che hanno l’obiettivo di promuovere iniziative contro l’aborto». Non è passata, invece, un’altra mozione che prevedeva «la sepoltura automatica dei feti abortiti anche contro la volontà della donna coinvolta».
La protesta delle “ancelle”
Il provvedimento non è passato inosservato e ha scatenato vibranti proteste. In aula, infatti, erano presente diverse attiviste ad opporsi all’approvazione della mozione. Si legge, infatti, sempre sulla pagina di Non una di meno che «le ancelle presenti a protestare sono state sgomberate dall’aula» e che quasi cinquanta persone presenti «sono trattenute nell’androne del consiglio comunale» senza che siano stati «restituiti loro i documenti» di identità. Le attiviste avevano costumi che ricordano i personaggi di The Handmade’s Tale, la serie tv distopica in cui le donne fertili sono obbligate a partorire per ripopolare la società umana.
Attacco frontale alla 194
Un provvedimento, quello approvato, che attacca frontalmente la legge 194 e che immette nel discorso politico pubblico una narrazione “tossica” sull’interruzione volontaria di gravidanza e sull’autodeterminazione della donna. La mozione ritorna sullo Statuto comunale nella parte in cui prevede che «la vita di ogni persona, dal concepimento naturale alla morte, viene accolta e protetta in tutti i suoi aspetti». Si ribadiscono e si ampliano le politiche “a sostegno della famiglia”, promuovendo «iniziative a sostegno della maternità attraverso l’informazione sulle possibili alternative all’ivg».
Il sì dalla capogruppo del Pd
Come denuncia ancora Non una di meno, «l’onorevole Comencini, uno dei promotori della mozione 434, non era presente a votare». A sostenere invece il provvedimento arriva la capogruppo del Partito democratico, Carla Padovani, già agli onori della cronaca per aver voluto che la sua immagine venisse eliminata in un video del Pd veronese, in cui in vista delle elezioni si enucleavano gli obiettivi raggiunti tra cui le unioni civili. La presenza di due gay nel video insieme alla sua fu ritenuta incompatibile e così la consigliera chiese e ottenne di non apparire. Il cerchio si chiude, insomma. E Verona, la città in cui si picchiano i gay, è da ieri ufficialmente nemica della libertà delle donne di decidere sul proprio corpo.