Viviamo in un’epoca in cui anche i diritti più elementari sono messi a rischio: il diritto di interrompere una gravidanza, usufruendo di strutture pubbliche in piena sicurezza, è uno di questi. Meraviglie del “governo del cambiamento” e dei suoi più lugubri personaggi. Ma quattro donne non sono rimaste con le mani in mano e hanno lanciato una petizione per salvaguardare la legge 194. Quattro ginecologhe, tutte non obiettrici, che hanno deciso di dire un paio di cose direttamente alla ministra Grillo.
Chi sono le quattro ginecologhe
Ecco i nomi di queste quattro coraggiose professioniste, che scendono in campo per la democrazia: Silvana Agatone, ginecologa Presidente LAIGA Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’applicazione della Legge 194/78 e socia fondatrice della rete nazionale di politica femminista Rebel Network; Elisabetta Canitano, ginecologa non obiettrice Vita di Donna; Concetta Grande, ginecologa non obiettrice socia Laiga; ed infine Giovanna Scassellati, ginecologa non obiettrice responsabile Uosd salute riproduttiva dell’Ospedale San Camillo. Esse descrivono la situazione in Italia, difendendo la 194, «una legge che garantisce autonomia riproduttiva libera e consapevole».
Le richieste della petizione
Rivolgendosi direttamente alla ministra della Sanità, le quattro ginecologhe chiedono che venga garantita l’applicazione della normativa in vigore e che siano sanzionati quegli enti ospedalieri «che, contrariamente agli obblighi di legge, non forniscono il servizio di interruzione volontaria di gravidanza». Tra le richieste delle quattro dottoresse, anche quella di «di istituire una preziosa “helpline” per le donne che necessitano di informazioni e supporto».
Le conseguenze devastanti dell’obiezione
«A meno che una donna non sia ricca» leggiamo nella petizione «il diritto di abortire diviene una ricerca affannosa da provincia a provincia e talvolta da regione a regione, con il rischio di arrivare fuori tempo nei pochissimi ospedali dove vi sia un ginecologo disponibile». Le conseguenze dell’obiezione sono devastanti, e non solo per le donne che restano, comunque, le prime vittime di questi abusi: essa «provoca di fatto umiliazione e abbandono della paziente che richiede l’Ivg». Ma anche «il personale ospedaliero in molte strutture sanitarie subisce pressioni e mobbing per firmare l’obiezione». Una situazione sempre più insostenibile.
Le adesioni dal mondo della politica e dell’associazionismo
E molte sono le adesione all’appello, che si avvia verso le sessantamila firme. Alcune delle quali molto prestigiose: dalla segretaria della Cgil Susanna Camusso, a Laura Boldrini. Dalle ex ministre Valeria Fedeli e Josefa Idem ad Ailbhe Smith, protagonista del referendum in Irlanda. E insieme a loro ricordiamo anche Gisella Carino, attivista e influencer argentina, e Justyna Frydrych attivista polacca, che ha organizzato la manifestazione a Varsavia contro il divieto di abortire, dopo i tentativi del governo populista di limitare la libertà femminile.
Aderire, per salvare la democrazia in Italia
La petizione si trova sulla piattaforma Change.org ed è sostenuta da diverse realtà femministe quali Rebel Network, Differenza Donna, DIRE Donne in Rete contro la violenza e da IPPF European Network. «L’invito», hanno dichiarato le ginecologhe, è rivolto «a tutti gli uomini e le donne del nostro Paese, affinché firmino questa petizione perché porteremo personalmente le firme raccolte alla Ministra Grillo». Per aderire si può andare sulla pagina di Change.org che potrete trovare qui. E aderire, ricordiamo, non è una scelta. È una delle tante cose da fare per salvaguardare la democrazia nel nostro Paese.