In uno dei primi post del mio blog, del marzo 2015, mi domandavo: “l’Italia è un paese per babbi?“.
La risposta era (ovviamente e tristemente) NO. Oggi provo a ritornare sull’argomento, ma da un punto di vista molto più pratico. Per introdurre l’argomento principale del post (anticipo già che si tratta del congedo di paternità), non posso ahimè fare a meno di fare un breve quadro descrittivo della condizione delle donne in Italia, e in particolare nel contesto lavorativo.
Sposati e sii sottomessa (e rimani in casa)
Intanto si parte dall’assioma assolutamente aberrante per cui ogni donna vuole diventare madre. E l’altro assioma aberrante che si dà per assodato è che di un neonato se ne debba occupare necessariamente la madre e non il padre (ed ecco che poi entrano tutti in crisi se ad occuparsene sono ad esempio due padri). Dunque ogni donna di 20 o 30 o più anni che si presenta ad un colloquio di lavoro viene vista dalla maggior parte dei datori di lavori come una futura potenziale madre. A quel punto molti datori preferiscono assumere un candidato uomo invece che la candidata migliore perché potenzialmente lei “potrebbe fare un figlio, e poi stare assente per il congedo obbligatorio di maternità, e poi magari anche quello facoltativo, e poi chiedere l’orario ridotto per l’allattamento, e poi stare assente a sorpresa perché il figlio magari si ammala… e poi magari ai 3 anni del figlio ricominciare tutto da capo rimanendo incinta e così via”.
Una triste scelta
Non stupisce dunque che l’occupazione femminile sia ferma in Italia al di sotto del 50%, né tantomeno che le donne che lavorano abbiano stipendi e prospettive di carriera molto più bassi dei loro colleghi uomini. Le donne, dunque, sono troppo spesso costrette a dover scegliere: o la carriera (magari rinunciando ai figli) oppure essere madri con tutto quello che ne consegue dopo, dai demansionamenti al mobbing, dalle pressioni psicologiche per indurre alle dimissioni fino ai part-time negati. E in generale un’organizzazione del lavoro tutta modellata su ritmi e orari da non genitore.
E se il governo ci mette lo zampino…
In una situazione del genere, e con la cifra politica dell’attuale governo, non stupisce quindi che nella Manovra finanziaria venga inserita (e già approvata alla Camera) un emendamento che toglie l’obbligo di inizio della maternità obbligatorio all’ultimo mese di gravidanza, consentendo dunque alle donne di lavorare fino al nono mese compreso, ed esponendole dunque maggiormente ad eventuali abusi e ricatti dei datori di lavoro. È evidente come il tema dell’occupazione femminile sia irrimediabilmente legato a doppio nodo al tema della maternità, e questo anche se, come già detto sopra, non tutte le donne diventano o vogliono diventare madri. Non possono essere sufficienti gli asili nido, i servizi per l’infanzia, gli sgravi fiscali per le famiglie con figli a carico, senza ripensare gli equilibri nella coppia anche e soprattutto nella cura dei figli, perché si può e si deve essere genitori e caregiver entrambi.
Il congedo di paternità in Italia
Il nostro sistema di previdenza, però, è ben lontano dal consentire ai padri di entrare a pieno titolo nella partita della cura dei figli. Solo dal 2013, con la riforma Fornero, infatti, è stato istituito il congedo di paternità retribuito obbligatorio per i padri, misura provvisoria rinnovata di anno in anno, estendendolo un po’ per volta da 1 giorno a 4 giorni fino a quest’anno. Pochi giorni fa nella bozza della manovra il congedo di paternità era addirittura stato cancellato. Per fortuna, a seguito di proteste bipartisan e di una petizione che chiedeva l’estensione a 10 giorni, alla fine nel testo della manovra il congedo di paternità è stato prorogato anche per il 2019 e anzi addirittura esteso a 5 giorni (ma vedremo cosa succederà in Senato).
Una direttiva europea su equilibrio fra vita lavorativa e vita privata?
Ma la questione della cura dei padri per i figli neonati, del congedo di paternità, del congedo parentale e dei giorni di permesso per i figli non è tema solo nazionale, perché anche in Europa in queste settimane si sta discutendo di questi argomenti e in tanti chiedono a gran voce una direttiva. I sindacati dell’Unione Europea hanno lanciato un’importante petizione che trovate qui e scade in questi giorni e vi invito caldamente e urgentemente a firmare. Come potrete leggere, la petizione mira a “sostenere la nuova direttiva sull’equilibrio fra vita lavorativa e vita privata , attualmente in discussione fra i ministri, fra i membri del Parlamento europeo e in seno alla Commissione europea.
Cosa prevede la direttiva
La direttiva propone standard minimi a livello UE che conferirebbero maggiori diritti a genitori e prestatori di cure: congedi, indennità, nuove opportunità di lavoro flessibili, oltre all’istituzione di un congedo di paternità retribuito della durata di 10 giorni, di un congedo parentale retribuito e non trasferibile per la madre e il padre di 4 mesi, retribuito al pari dell’indennità di malattia, e 5 giorni di permessi retribuiti per assistenza ai figli. Questa direttiva aiuterà i padri a prendersi cura dei propri figli e a rendere la distribuzione degli oneri di cura familiari più equa; migliorerà la vita di milioni di giovani genitori e prestatori di cure in tutta Europa e rafforzerà la posizione lavorativa delle donne.”
Perché è importante sostenere questa iniziativa
Nella spiegazione dettagliata del perché è importante sostenere questa iniziativa, viene spiegato che “questa direttiva può migliorare la vita di milioni di genitori in tutta Europa: consentirebbe agli uomini di vivere meglio la propria paternità e a condividere i doveri di cura della prole, al contempo tutelando le donne dalle discriminazioni sul posto di lavoro causate dal timore da parte dei datori di lavoro che le mamme possano restare in congedo troppo a lungo. Inoltre, secondo la legge proposta, i 10 giorni di congedo di paternità spetterebbero sia alle coppie eterosessuali, sia alle coppie omosessuali.” Dunque se vi stanno a cuore i diritti firmate questa petizione, contribuite a fare in modo che l’Europa (e l’Italia) diventino un posto a misura di padri che accudiscono e di donne lavoratrici.