Mehdi Shokr Khoda è un giovane iraniano di 19 anni. È gay e cristiano. Per questo, due anni fa, è andato via con un biglietto di sola andata per la Svezia. Lì ha fatto richiesta di asilo politico senza successo e ora rischia di dover tornare indietro: una condanna a morte.
Lo contattiamo su Skype. Al suo fianco c’è il suo compagno, Carlo Rapisarda, un 22enne catanese, da due anni studente a Stoccolma. Nel marzo 2018, si sono conosciuti in una chat di incontri e, dopo poco, hanno deciso di mettersi insieme.
“Sono arrivato qui il 20 gennaio di due anni fa -inizia a raccontare l’iraniano- “L’ho fatto per due motivi. Innanzitutto perché sono gay e poi perché sono cristiano: possono ucciderti se capiscono che sei gay o che sei cristiano. La mia vita era in pericolo e sono dovuto uscire da quel paese e andare in un altro”. La scelta è ricaduta sulla Svezia in quanto le sorelle vivono qui. Una ha sposato un uomo europeo, l’altra, quella minore, è una ragazza trans. Con quest’ultima ha un ottimo rapporto -racconta- “posso parlarle di tutto: sa sono gay, che mi piacciono i ragazzi e con lei parlo di ragazzi”. Un rapporto che, non ha con il resto della famiglia. “Con l’altra sorella non me la sento di parlare di queste cose -ammette Mehdi-. Con lei non sono dichiarato e nemmeno con i miei genitori [in Iran, ndr.]. Non so nemmeno cosa accadrebbe se lo facessi: non so se sono abbastanza aperti di mente per poterglielo dire. Forse un giorno glielo dirò ma sono troppo spaventato per farlo adesso”.
Non potendo permettersi di tornare in Iran, nel settembre 2017 ha fatto richiesta di asilo politico ma la strada è tutta in salita. “Abbiamo ricevuto due risposte negative” racconta Mehdi. “Al primo colloquio ho detto di essere cristiano ma non di essere gay” per paura -spiega- che l’avvocato fornitogli dall’Ufficio Immigrazione, ne parlasse con sua sorella maggiore. Solo dopo, confidandosi con il legale, questo lo ha tranquillizzato suggerendogli di raccontare tutto all’Immigrazione in quanto avrebbe potuto aiutare il suo caso.
Nel secondo colloquio con l’immigrazione Mehdi ha finalmente parlato apertamente del suo orientamento sessuale. Un’esperienza davvero sgradevole, denuncia l’iraniano, che si è trovato a dover rispondere a delle domande imbarazzanti come “Hai fatto sesso con uomini?” o “Hai baciato dei ragazzi?”. Tra l’altro, sottolinea il catanese, “C’è anche un regolamento europeo che vieta questo tipo di domande perché violano la privacy della persona”. Eppure, nemmeno questo è bastato e, nel dicembre 2018, la domanda è stata respinta.
Nonostante la porta in faccia, la coppia non si è arresa e a gennaio di quest’anno è stato concesso l’appello. Questa volta, Carlo ha dato il suo contributo testimoniando in favore di Mehdi. Non è servito nemmeno questo anche perché differenze linguistiche e una traduzione del colloquio non all’altezza (“terribile” l’hanno definita i due), hanno complicato le cose. “Per esempio, -racconta l’italiano- hanno scritto che io ho detto che eravamo fidanzati e ci stavamo andando a sposare […] ma io questa cosa non l’ho mai detta”. L’incongruenza tra la testimonianza (mal)tradotta di Carlo e le parole di Mehdi che aveva dichiarato di non aver pianificato alcun matrimonio ma di essere solo fidanzati, ha fatto sì che la testimonianza dell’italiano fosse esclusa.
Dopo l’ennesimo “no” ricevuto, i giovani hanno rinunciato alla difesa d’ufficio e si sono rivolti ad uno studio legale esperto in casi come questo ma, ovviamente, tutte le spese sono a loro carico. “Abbiamo il supporto da entrambe le famiglie -prosegue Carlo- la mia perché sa tutto, la sua perché comunque sa che corre il rischio di essere rimandato. Però, i costi non sono indifferenti”. Per questo, hanno lanciato una raccolta fondi per sostenere le spese legali che, al momento, ha raccolto più di 7000 corone svedesi (circa 600 euro).
Ma non sarà comunque facile. “Questo nuovo avvocato ci ha detto che nel caso in cui dovessimo perdere l’ultimo appello, cosa che è molto probabile, potremmo tentare di fermare l’espulsione con una procedura che consiste nel procurare nuove prove o comunque dimostrare che sono emerse nuove cose per cui il caso viene riconsiderato”. Ad esempio, se il caso divenisse di dominio pubblico e i media si interessassero al caso, i rischi per Mehdi aumenterebbero ma, allo stesso tempo, potrebbe spingere le autorità svedesi a riconsiderare il caso alla luce di questi nuovi elementi.
Per questo, Mehdi lancia un appello: “sarebbe bello se le persone condividessero ovunque la nostra storia. Ci aiuterebbe a portare avanti la mia richiesta di asilo o comunque potrebbe darmi la possibilità di non essere rispedito indietro. Sarebbe davvero di grande aiuto”.