Parlateci di Bibbiano, dite? Benissimo, parliamone. Ma seriamente. E prima di addentrarmi nel discorso, credo sia importante fare delle precisazioni. Innanzitutto, ci si fa un’idea su qualsiasi argomento dopo averlo indagato, conoscendone quanto meno gli aspetti essenziali. Secondo poi, parlare di un argomento significa entrare nel merito dei fatti. Le teorie del complotto, le dietrologie, i teoremi che ne conseguono sono – il più delle volte – le “scie chimiche” del pensiero. Roba da poveri mentecatti, insomma. I fatti sono altro. E, vi do una notizia, sono i tribunali a doverli accertare. I processi sommari fatti sull’onda dell’indignazione, dopo aver letto i titoli dei giornali (magari ad effetto, per acchiappare qualche click in più), sono inutili alla verità processuale. Non servono a fare giustizia, ma solo rumore. E col rumore non si parla di nulla, perché non si capisce nulla. Ma andiamo per ordine.
I due filoni della vicenda di Bibbiano
Quella che segue non vuole essere un’analisi esaustiva dei fatti (per altro ancora oggetto di indagine), ma un tentativo di capire cosa è successo a livello di comunicazione dei contenuti. Per capire bene cosa è successo, in modo più approfondito, rimando all’articolo di Claudia Torrisi su Valigia Blu, che offre un quadro molto ampio di quanto pare sia accaduto. Proprio da quel pezzo possiamo capire che la vicenda, triste e lugubre al tempo stesso, si articola su due filoni. Riporto, testualmente:
– «da una parte c’è l’affidamento di incarichi di psicoterapia, convegni, corsi di formazione e l’utilizzo, dunque, dei fondi pubblici a disposizione»
– «dall’altra, invece, c’è la questione relativa ai bambini» e quindi «ai metodi utilizzati per accertare gli abusi».
La vicenda è quindi molto complessa e, per comprenderla a pieno, dobbiamo muoverci dentro questo binario.
Cosa è successo a Bibbiano
I capi di accusa sono gravissimi. Secondo il IlPost.it «gli indagati sono accusati a vario titolo di frode processuale, depistaggio, maltrattamenti su minori, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, abuso d’ufficio, peculato d’uso e lesioni gravissime». Ciò non significa che tutti gli indagati debbano rispondere di tutti i capi d’accusa, ma ne parleremo a tempo debito. In grandi linee, «gli psicologi e gli assistenti sociali coinvolti nell’indagine volevano guadagnare sfruttando l’affidamento dei bambini». Per far questo, riporta sempre il IlPost.it, tali persone «avrebbero falsificato documenti e manipolato le dichiarazioni dei bambini» per far emergere abusi e violenze, «che in realtà non sarebbero mai avvenute» per «giustificare il loro affido ad altri nuclei familiari». Questi bambini venivano mandati, dunque, presso una struttura pubblica data in gestione a una onlus privata, Hansel e Gretel. Gli psicologi ricevevano 135 euro a seduta. La Asl locale avrebbe potuto prevedere al trattamento dei casi senza costi aggiuntivi. «Il danno economico per l’Asl di Reggio Emilia e per l’Unione, secondo le indagini, sarebbe quantificabile in 200mila euro».
E allora il Pd?
Cosa c’entra il Partito democratico in tutto questo? Ritorniamo al discorso dei due filoni: quello dell’utilizzo dei fondi pubblici e quello delle violenze sui minori. Sempre leggendo IlPost.it scopriamo che «il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti», non è coinvolto «in crimini contro i minori», ma è accusato di «concorso in abuso d’ufficio» e di falso. Più nello specifico Carletti ha «omesso di effettuare una procedura a evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di psicoterapia che aveva un importo superiore a 40mila euro». Questo comportamento ha avvantaggiato il centro Hansel e Gretel, con un danno economico alla Asl locale. Al momento non emergono altri capi d’accusa. Questo significa che Carletti non è coinvolto nei reati che riguardano i bambini. Fare una generalizzazione per cui tutto il Pd è un partito che toglie i figli alle famiglie per chissà quali turpi scopi, è un’affermazione criminale. La responsabilità penale, in uno stato di diritto, cade poi sul singolo, non sul partito a cui appartiene. Lo insegnano a scuola. Ditelo a Di Maio.
Cosa c’entrano i gay con Bibbiano?
In questa storia sembra avere un ruolo centrale tale Federica Anghinolfi, dirigente locale dei servizi sociali. Secondo l’accusa sarebbe stata lei a gestire e coordinare il sistema illecito di affidamenti, facendo pressioni per screditare le famiglie di provenienza e sugli stessi psicologi per riportare il falso nelle documentazioni ufficiali. Sempre secondo l’accusa, Anghinolfi avrebbe favorito coppie di sua conoscenza. Tra queste una coppia di donne, una delle quali avrebbe avuto in passato una relazione con l’accusata. Alcune testate, apprendiamo ancora, riportano che le due donne avrebbero imposto un orientamento sessuale alla bambina affidata e avrebbero cercato di convincerla che il padre avesse abusato sessualmente di lei. Tutti fatti ancora da appurare, ricordiamolo. In tutto, quindi, su 29 persone coinvolte sarebbero 3 quelle non eterosessuali. Il caso mediatico, tuttavia, è stato costruito sul coinvolgimento delle immancabili lobby gay e del gender, secondo un copione già visto.
Il solito copione contro le minoranze
Adesso, essere gay, lesbiche, bisessuali, ecc, non rende gli individui estranei ad atti criminali. Si può essere omosessuali e rapinare una banca o uccidere una persona. L’orientamento sessuale, insomma, non ha niente a che fare con il reato commesso. Se volessimo utilizzare la sola forza dei numeri, 3 su quasi 30 fa poco più del 10%. Secondo la logica scomodata per la costruzione del caso, dovremmo dire – ribaltando la questione – che il 90% degli eterosessuali coinvolti è sospettato di crimini orribili. Il fatto è, tuttavia, che questo modo di approcciarsi alla cosa è, nella migliore delle ipotesi, da imbecilli. E criminale a sua volta. Si prende un caso limite e lo si trasforma nell’esempio che criminalizza un’intera comunità o di un intero gruppo politico. Non a caso, è successo con le persone Lgbt e con il Pd.
Un caso gonfiato dai soliti noti
Basta vedere poi chi soffia sulla fiamma dell’indignazione, per capire come esso possa essere viziato da pregiudizi ideologici di vecchia data. Come riporta Simone Alliva su Esquire, ci troviamo di fronte ad «un caso gonfiato dai soliti noti: le associazioni omofobe come Pro-Vita» e «il giornale diretto da Belpietro, per fare alcuni esempi». E non solo: «A Ferrara Fratelli D’Italia ha presentato un’interpellanza per chiedere al Comune di entrare nella privacy dei genitori affidatari ferraresi e di quantificarli in base all’orientamento sessuale». In altre parole: «Schedare le famiglie arcobaleno. Un altro passo verso il triangolo rosa sul cappotto per gli omosessuali».
La regia del complotto, sui social
Interessante, poi, è dare uno sguardo alla “regia” del caso mediatico in questione. Simone Cosimi, su Repubblica.it, scrive che «in una decina di giorni, tutti i contenuti sul tema» limitandosi a Twitter, «sono circa 78mila. Non c’è nulla di casuale: il numero relativamente basso delle utenze più attive coinvolte e il loro schema d’azione – quasi sempre risposte a post del Pd e di altri – racconta dell’ennesima operazione coordinata». Tutto questo avviene con il “silenzio” dei social coinvolti, visto che l’allusione, per quanto malevola, non sembrerebbe rientrare tra i comportamenti «offensivi o dannosi secondo gli ultimi aggiornamenti delle regole della piattaforma». Una macchina del fango perfetta, insomma, che è arrivata ad alimentarsi da sola. Le esternazioni di Laura Pausini e di Nek sul caso la dicono lunga, in merito.
Propaganda politica e teoria del complotto, sulla pelle dei bambini
Intanto Casapound, la Lega, Forza Nuova e lo stesso M5S partecipano a questa narrazione demonizzante, per cui esiste il “partito di Bibbiano” con cui non fare accordi, che ha tirato fuori il discorso dei finanziamenti russi per sviare da quanto accaduto in Emilia Romagna e amenità similari. Forse dovremmo ribaltare la prospettiva perché se Bibbiano è un tragico fatto di cronaca, quello dei finanziamenti russi è un metodo che mette a rischio l’intera democrazia. Chi vuole distrarre chi da cosa? La comunità Lgbt rischia di uscirne con le ossa rotte, anche in termini fisici concreti. Il presidente del Cassero LGBT center di Bologna, Vincenzo Branà, è stato oggetto di insulti e minacce di morte, proprio in relazione all’apparentamento del tutto arbitrario tra i fatti di Bibbiano, la pedofilia e la comunità arcobaleno. In questo quadro, cupissimo, io penso dunque che di Bibbiano bisognerebbe parlarne. Ma parliamone davvero. Cominciamo a dire, a chiare lettere, che si sta prendendo una tragedia — e il conseguente orrore subito dalle vittime, insieme alla loro sofferenza — per farne argomento di becera propaganda politica. Sulla pelle dei minori coinvolti. Da parte di chi poi, magari, va in piazza a dire “giù le mani dai bambini”. Un monito che, evidentemente, va bene solo in determinate occasioni.