Il deputato di Più Europa Riccardo Magi ha presentato ieri alla Camera dei deputati un’interrogazione sulle ripercussioni che il Decreto Paesi sicuri potrebbe avere sui richiedenti asilo lgbt e sulle vittime di tratta. A Magi si sono uniti Lia Quartapelle, Laura Boldrini e Gennaro Migliore.
DECRETO PAESI SICURI
Entrato in vigore una settimana fa, il decreto è stato emanato dalla Farnesina di concerto con gli Interni e con la Giustizia. Il testo elenca tredici paesi che l’Italia considera «paesi di origine sicuri», cioè rispettosi dei diritti umani. Si tratta di Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia, Tunisia e Ucraina, ma la scelta dei paesi stessi non è argomentata.
Secondo i firmatari dell’interrogazione, sono paesi si perseguitano donne, minoranze sessuali, etniche, religiose e politiche, e si perpetrano violenze legate al fenomeno della tratta.
L’ALLARME
L’allarme sui punti oscuri del decreto era arrivato dall’Associazione Radicale Certi Diritti, da Il Grande Colibrì e da Renzo e Lucio. Contestualmente è partito un appello della società civile già sottoscritto da 51 associazioni per i diritti.
«Ringraziamo Riccardo Magi che ha raccolto il nostro appello – dichiarano Lyas Laamari, Michele Benini, Gabriella Friso e Leonardo Monaco, rappresentanti delle associazioni che avevano lanciato l’allarme – e i parlamentari di maggioranza che si sono uniti a questa richiesta di chiarimenti al Governo. C’è ancora tempo per evitare che un atto meramente propagandistico si trasformi nella condanna per centinaia di richiedenti asilo LGBTI». «Si ritiri il decreto – chiedono – e si provveda subito alla scrittura di un nuovo testo che tenga meticolosamente conto delle legislazioni locali e delle relative categorie ad alta esposizione di rischio in caso di rimpatrio».
Per Riccardo Magi, deputato radicale eletto nelle liste di Più Europa, «il decreto Paesi sicuri, presentato in modo strumentale e mistificatorio come un ‘decreto rimpatri’, avrà come unico grave effetto quello di comprimere ancora di più i tempi e i modi delle richieste di protezione, che invece dovrebbero essere esaminate esclusivamente sulla base della condizione. Nessun impatto invece sui rimpatri, che, ricordiamolo, avvengono solo in presenza di nuovi accordi di riammissione».