La parola “gay”, vergata con la vernice rossa, come se fosse un’offesa, impressa sulla fronte di Antonio Gramsci. O meglio, sulla fronte del murales che lo ritrae a piazza Turi, Bari. Un atto che denuncia due fatti: la mancanza di rispetto per un personaggio storico di primo piano del ‘900 e l’omofobia di chi pensa che “gay” possa essere un insulto.
UN’OFFESA SOLO PER CHI L’HA SCRITTA
A denunciare la comparsa della parola gay sul murales di Antonio Gramsci è stato Retake Bari, il movimento cittadino che, sull’onda del movimento retake nato a Roma e diffusosi in altre città d’Italia, si batte per il decoro urbano e per la pulizia della città.
«Gli amici di Turi ci segnalano l’ennesimo atto vandalico – scrivono gli attivisti di Retake sulla loro bacheca Facebook -. Siamo in largo Pozzi e tutto ciò non ha bisogno di ulteriori commenti. Siamo disponibili ad aiutarvi. Chiunque voglia e possa aiutarci è benvenuto. Ci auguriamo che da qui possa nascere Retake Turi, difendiamo questa città stupenda e la sua storia».
Antonio Gramsci fu rinchiuso proprio nella prigione di Turi dal 1926 al 1934, durante il regime fascista. Proprio per questo, nonostante la parola in sé rappresenti un insulto solo per poche persone, l’atto resta grave.