Le donne transgender? Parassiti. Sarebbe questa la visione sulle donne MtF di Sheila Jeffreys, docente universitaria australiana appartenente alla schiera delle femministe radicali trans-escludenti. Lo ha dichiarato – così riporta Sono l’unica mia (da adesso Slum), riprendendolo dalla rivista Vox – nel 2018, davanti il parlamento inglese. E non solo. Come leggiamo dalla pagina femminista su Facebook, la professoressa «è stata accusata dalla comunitĂ indigena australiana di lanciare accuse razziste contro la comunitĂ transgender, poichĂ© “essere trans è come un blackface”». Per tali ragioni, la sua presenza prevista il 29 febbraio al circolo Ohibò dell’ARCI provinciale di Milano ha generato vibranti proteste, da parte della comunitĂ trans e transfemminista.
Il mail bombing contro l’evento
Pochi giorni fa, infatti, è partito il mail bombing contro l’evento, ospitato nella sede Arci. «Vi chiediamo di inviare una mail di protesta agli indirizzi che trovate di seguito e con l’oggetto indicato» possiamo leggere sempre su Slum, facendo bene presente, ancora: «Non è un messaggio ostile per i destinatari, che probabilmente non sanno chi stanno invitando, ma un aiuto ad evitare un errore grave». Messaggio al quale aveva risposto, nel pomeriggio, il presidente dell’Arci di Milano Maso Notarianni. Il quale si era mostrato possibilista riguardo l’incontro: «Vale la pena di confrontarsi con Jeffreys, l’Arci affronta discussioni difficili». A Notarianni aveva a sua volta controbattuto l’attivista transgender Nicholas Vitiello, militante del Gruppo Trans e di Slum.
La lettera di Vitiello, contro l’intervento della docente terf
Vitiello, nella sua risposta, ha ricordato che Sheila Jeffreys «rendendosi in quel momento portavoce di tutto il movimento TERF, ha definito le donne trans “uomini omosessuali che non si sentono in grado di convivere con la propria omossessualitĂ nel corpo di un uomo” o “uomini eterosessuali con interesse sessuale nell’indossare vestiti femminili e apparire femminili”». E ancora, «secondo tale visione gli uomini trans, come il sottoscritto, sarebbero “traditrici del femminismo” poichĂ© ci siamo, presumibilmente, fatti convincere ad abbandonare la causa per convertirci al patriarcato e usufruire dei privilegi maschili». Impostazione che Vitiello rimanda alla mittente.
“PerchĂ© scegliere persone transfobiche per parlare di transgender?”
«Non ho tradito il femminismo quando ho iniziato a transizionare» continua Vitiello, ricordando che semmai «è stato il femminismo radicale trans-escludente a tradire me». Ricordando, ancora, che il corso “Studi senza frontiere” che ospiterĂ l’evento all’Ohibò «vuole proporsi come luogo in cui diverse posizioni possano trovare spazio, affinchĂ© ognuno possa avere gli elementi necessari per una riflessione autonoma e consapevole», pone una domanda fondamentale: «Perché» chiede «avete volutamente deciso di non interloquire con una persona trans* per parlare di questioni trans*? Perchè scegliere una persona apertamente transfobica, transescludente e violenta?» Un interrogativo che non è caduto nel vuoto.
La reazione di Ohibò Milano
Il circolo Ohibò di Milano ha infatti diramato una comunicazione ufficiale in cui possiamo leggere: «Il mese scorso abbiamo accettato la proposta di Milano Senza Frontiere di ospitare due incontri sui temi femminismo e transfemminismo, che abbiamo sicuramente a cuore. Solo in seguito siamo purtroppo venuti a conoscenza delle posizioni di Sheila Jeffreys. In questo senso la nostra associazione si schiera inequivocabilmente in contrapposizione rispetto ad una visione di odio ed intolleranza quale quella espressa dalla Jeffreys». E la decisione: «Per tali ragioni comunichiamo ufficialmente che il Circolo Ohibò non sarĂ il luogo degli incontri “Studi senza frontiere”». A meno, ovviamente, «di una netta presa di posizione da parte di Milano senza Frontiere ed un cambio nella scelta dell’ospite in questione».
Il comunicato di Milano senza frontiere
Anche le rete Milano Senza Frontiere, che ha organizzato l’evento, ha diramato un comunicato in cui annuncia di sospendere l’incontro. «Le mail che ci sono arrivate ci impongono una riflessione» leggiamo nel comunicato. «Quindi martedì sera ci sarĂ una riunione […] in cui valuteremo le questioni che ci sono state segnalate e prenderemo una posizione in merito alla realizzazione del corso». Per il momento dunque, l’evento è sospeso: «Dopo la riunione comunicheremo con un nuovo post la nostra decisione». Ci si chiede, tuttavia, che contributo possa dare in direzione dell’inclusione chi si ha riservato certe parole nei confronti della comunitĂ transgender. E forse dovrebbero chiederselo anche quanti e quante si riconoscono sotto la dicitura “senza frontiere”.