Ci provano, ci provano ogni anno a minare il valore del 25 aprile, della Festa della Liberazione. Ogni scusa è buona per attaccare il giorno in cui celebriamo quelle donne e quegli uomini che imbracciarono i fucili, inforcarono le biciclette, salirono sui monti, scelsero la clandestinità e in tante e tanti persero la vita per restituire al Paese e al futuro la libertà dal regime nazifascista.
I morti di covid usati contro il 25 aprile
Quest’anno il pretesto è lì, a portata di mano: i morti per il coronavirus. Qualche genio ha detto che basta con ‘sta Liberazione: il 25 aprile deve diventare la giornata in memoria dei morti di coronavirus.
Mettiamo da parte, per un attimo, la sensazione di nausea che si presenta inevitabilmente davanti al tentativo di strumentalizzare politicamente quasi 26 mila persone e il dolore di altrettante famiglie e concentriamoci, invece, sul valore aggiunto che ha festeggiare il 25 aprile durante l’emergenza covid.
In realtà, basta guardare alla storia per rendersi conto di come, soprattutto in questo momento, sia indispensabile parlare di resistenza, di liberazione, di partigiani e di democrazia.
Il pericolo dei momenti bui
Lo è perché è proprio nei momenti più bui, dal punto di vista sociale ed economico, che la libertà di una comunità è a rischio. Lo è perché in questi momenti, in cui crollano le certezze, in cui il futuro assume contorni foschi e sbiaditi, in cui i bisogni primari tornano impellenti per una fetta più grande della popolazione, che è più facile che le forze peggiori prendano il sopravvento. Sono quelle delle soluzioni facili (e sbagliate) a problemi difficili, quelle che trovano facilmente un “nemico”, un capro espiatorio su cui scaricare le proprie frustrazioni così che loro possano fare tutt’altro dopo averci distratti.
La nostalgia per i totalitarismi
Sono quelle che auspicano pieni poteri per sé illudendo che questo sarebbe il bene di tutti quando, invece, è solo il modo per avere un nuovo “uomo solo al comando” legittimato a prendere qualsiasi decisione senza controlli, senza contrappesi. Esattamente le premesse per regimi come quello che 75 anni fa fu sconfitto dalla resistenza e dalla lotta di Liberazione. Esattamente quello che sta succedendo, ad esempio, in Ungheria, dove il premier Orban ha acquisito “pieni poteri” per l’emergenza covid e li sta usando per minare i diritti civili e sociali delle persone, a partire dalle persone trans.
Solidarietà, antirazzismo, libertà, democrazia, giustizia sociale sono i valori per cui quei partigiani e quelle partigiane si sono battuti, di qualsiasi credo politico fossero, e che chi a quella lotta è sopravvissuto continua a testimoniare ogni giorno.
Il 25 aprile: da dove veniamo e dove vogliamo andare
Noi veniamo da lì, la nostra Costituzione che sancisce il principio di uguaglianza viene da lì. Perfino la libertà di sproloquiare contro il 25 aprile, viene da quella lotta di liberazione.
E da quella lotta vengono gli anticorpi perché non solo quegli sproloqui restino tali, ma perché non ci sia spazio per la tentazione di ritornare al passato. Perché possono blaterare quanto gli pare che “il fascismo non esiste più”, ma non è vero.
I nuovi fascismi
Chiunque sia dotato di buon senso sa che non è vero. Non esiste più il Partito Nazionale Fascista, è vero. E non ci sono più gli artefici di quel disastro (per la maggior parte). Ma il fascismo esiste ancora. Esiste ogni volta che qualcuno sostiene che uno sia inferiore a un altro solo in ragione del posto in cui è nato o del colore della sua pelle, esiste ogni volta che si negano diritti che renderebbero chi ancora non lo è uguale agli altri, esiste ogni volta che si stabilisce chi viene prima e chi viene dopo, esiste ogni volta che una persona viene aggredita perché ha la pelle di un colore diverso dal nostro, perché si innamora di persone del suo stesso sesso, perché non si riconosce in un genere che le è stato affibbiato alla nascita.
Il 25 aprile durante l’isolamento
Per tutte queste ragioni, perché come diceva Tina Costa “la lotta per i diritti civili non è mai finita” e per avere chiara la strada da seguire per uscire da questa emergenza, quella che si preoccupa di combattere le disuguaglianze sociali e di non lasciare indietro nessuno, quest’anno il 25 aprile ha un valore in più.
Certo, non ci saranno le piazze a cui siamo abituati. Non guarderemo dritto negli occhi i partigiani che ci ricordano tutto questo, non marceremo per le strade delle nostre città. Ma possiamo celebrare la Liberazione lo stesso, come abbiamo imparato a fare in queste settimane di isolamento.
Bella Ciao in ogni casa
Lo possiamo fare insieme all’Anpi che per l’occasione ha lanciato la campagna #BellaCiaoInOgnicasa.
Domani, alle 15.00, tutte e tutti siamo invitati ad aprire le finestre e i balconi e a cantare “Bella Ciao”, canto simbolo della lotta di Liberazione. Un canto universalmente riconosciuto come tale al punto che è diventato l’inno dei ragazzi e delle ragazze che manifestano per l’ambiente, che è stato cantato dai tedeschi per esprimere solidarietà a noi italiani, all’inizio della pandemia, e dai pompieri inglesi per dirci che ce la faremo a uscire da questa situazione. Il come dipende da noi, da quanto sapremo essere nuovi partigiani, senza fucile, ma con la libertà, l’uguaglianza e la giustizia sociale nel cuore.
Gaypost.it aderisce alla campagna dell’Anpi. Alle 15 canteremo Bella ciao dai nostri balconi: fatelo anche voi!