Bufera su Alessandro Di Battista, il noto esponente del M5S, per una dichiarazione poco felice – considerata omofoba da molti e molte – sulla sua pagina Facebook: «Volete la regolamentazione della produzione e della vendita della cannabis? Allora evitate di farvi i selfie con una canna in mano» esordisce, entrando nel dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere. «Si tratta» continua «di gesti infantili ed altamente controproducenti. Ricordano coloro che pretendono di ottenere un miglioramento dei diritti civili per gli omosessuali esibendosi in volgari forme di trasgressione durante i Gay Pride».
L’attacco gratuito di Di Battista sul pride
Tale affermazione ha scatenato l’indignazione di molti utenti, che sia sui propri social, sia nei commenti allo stato – ben più lungo – si lamentano della stoccata contro i pride. Sortita considerata più che gratuita, e che getta il solito pregiudizio e il solito moralismo contro una manifestazione in cui si fa un uso politico del corpo e della nudità. Le dichiarazioni di Di Battista, ancora, fanno passare l’idea che i diritti siano qualcosa da meritarsi in virtù di un comportamento ritenuto ottimale dai più (cioè dalla maggioranza eterosessuale) e non qualcosa da riconoscere in quanto tali. Non è un caso, dunque, che il biasimo maggiore arrivi proprio dalle persone che militano attivamente dentro il movimento Lgbt+, ma non esclusivamente. Vediamone, insieme, alcuni.
L’attacco del Circolo Mario Mieli
«Bene. Dopo le invettive delle CEI e la chiamata alle piazze del Family Day arriva il segnale ad ultrasuoni destinato ad attirare l’attenzione dell’anima reazionaria del M5S». Lo scrive Sebastiano Secci, presidente del circolo Mario Mieli di Roma, sul suo profilo Facebook. «Il copione è lo stesso, sostituite 2020 con 2016, legge contro l’omolesbobitransfobia con legge sulle unioni civili e avrete (quasi) la sensazione di un film già visto. La cosa positiva è che si inizi a giocare a carte scoperte. Con il deposito del disegno di legge unificato suonerà il fischio di inizio e non si correranno i 100 metri ma una maratona che già si preannuncia difficile. Non è un problema». E ricorda ancora, Secci: «Noi abbiamo fiato e lo manterremo sul collo di tutta la classe politica. Noi sappiamo correre, anche al Pride, anche su quei tacchi, che oggi sembrano tanto disturbare qualcuno. Noi non arretreremo di un solo passo».
Il pulpito del partito del “vaffanculo”
«L’Italia è quel Paese in cui un rappresentante del Parlamento che è stato eletto nel partito del “vaffanculo” si permette di dire che ai Pride ci si esibisce in “volgari forme di trasgressione”. E niente fa già ridere cosi…» è questo il giudizio di Natascia Maesi di Arcigay, sul suo profilo, riguardo alle parole dell’esponente grillino. Molti altri commenti hanno insistito su questo punto. Il M5S è un partito che si è distinto, in questi anni, per un linguaggio e per protagonisti ben poco “istituzionali”. Un pulpito quello grillino che, insomma, non può dare lezioni di stile a nessuno.
L’altolà di chi lotta per i diritti civili
«Si chiama “Pride” e non “Gay Pride” perché è di tutti, in difesa dell’unicità di ognuno, verso una libertà e accettazione universale» è quanto scriv Iacopo Melio, sulla sua pagina ufficiale. L’attivista – noto per la campagna #vorreiprendereiltreno –ricorda, ancora che «i diritti non si “pretendono”, non si “migliorano” e tantomeno si “concedono” in base al merito: si devono soltanto garantire e rispettare, al massimo difendere qualora questo non accada». E ancora che «la vera volgarità è negli occhi dei bigotti moralisti» e che «di volgare, qui, c’è solo chi non ha mai fatto abbastanza quando ha potuto per tematiche volte all’inclusione, come l’approvazione delle unioni civili». Ancora, l’attivista transgender Cristina Leo ricorda: «Alessandro Di Battista. Maschio. Bianco. Cisgender. Eterosessuale. Benestante. Privilegiato. Non hai niente da insegnarci sui Diritti Civili. Non abbiamo bisogno del tuo mansplaining».
L’accusa di analfabetismo politico
Ma anche nei commenti alla dichiarazione in questione sono arrivate molte critiche: «Parlare dei Pride, della lotta per l’autodeterminazione di ognuno, della pretesa di diritti identici per ogni cittadino e cittadina senza capire che la natura di quella lotta ha la propria essenza nella libertà di rappresentare se stessi come si crede, è la forma perfetta dell’analfabetismo politico» è l’attacco di Roberto Mauri, di Omphalos Perugia. Mentre dal Palermo Pride, Luigi Carollo scrive: «Cosa sarebbe cambiato nel tuo post (e nel tuo ragionamento) senza il riferimento al Pride? Assolutamente niente! E dato che il diavolo si nasconde dei dettagli, sei riuscito a infilare scampoli di fascismo persino in un post contro il proibizionismo». L’attivista palermitano fa ancora notare che «i diritti esistono, non “si pretendono” e nessuno/a li concede graziosamente, nemmeno le istituzioni».
“Davvero fai lezioni di stile tu?”
Ancora da Arcigay Palermo, Daniela Tomasino: «Ma si può? E proprio nel mese del Pride, e mentre è in discussione una legge contro le discriminazioni basata su orientamento sessuale e identità di genere! Ti devi solo vergognare». Mentre Gianni Redi, di Arcigay Arezzo, scrive: «Ma davvero davvero parli di volgari forme di trasgressione tu che sei venuto fuori grazie ad un comico che gridava vaffanculo a destra e a manca e che navigava tra la folla con un canotto? Davvero fai lezioni di stile tu, che assieme alla tua compagineavete offeso e ridicolizzato e messo alla gogna social qualsiasi avversario politico peccando pesantemente di sessismo e misoginia? Tu Alessandro Di Battista dai lezione di stile? Ma che coraggio…»
La difesa del Pride
E non solo dal mondo delle associazioni si levano le critiche. Così scrive Simone Alliva: «Il movimento Lgbt non si batte solo per la libertà di essere gay o etero. Si batte per la libertà di essere qualunque tipo di etero, gay, lesbica, bisessuale e o transessuale tu voglia essere. Si batte anche per te. Fai pace con te stesso. Buon Pride Month». Mentre l’avvocato Antonio Bubici gli ricorda: «Com’è sta storia dei PRIDE? Ah… ho capito: ricordano coloro che pretendono di abbattere il PALAZZO esibendosi in volgari forme di trasgressione fuori dalle aule parlamentari… e poi diventano PALAZZO (il peggior palazzo)».
I commenti sarcastici su Di Battista
Non mancano infine i toni più sferzanti e sarcastici. Così Milo Serraglia: «Alessà… ma nun stavi a impara’ a fa er falegname? Dice che eri pure portato!». Non ha peli sulla lingua Manuel Perricone: «Dibba, il selfie con la minchia in mano te lo mando in pvt, tranquillo». E tra i vari messaggi – è praticamente impossibile leggerli e citarli tutti – spicca anche quello di un’utente siciliana, Flavia Gravè: «Cambia incipit. Si tratta di un paragone infantile e altamente controproducente. Ricorda coloro che pretendono di essere presi sul serio dopo aver esordito con una puttanata colossale».
Alessia Crocini, infine, ironizza sul suo profilo: «Da domani in edicola la nuova collana Fabbri Editori “PAOLA TAVERNA INSEGNA AI PRIDE A NON ESSERE VOLGARI”. Nel primo numero: “ESEGESI DELLA MANO A CUCCHIARA” e “DIFFERENZE ONTOLOGICHE TRA ‘STICAZZI E MECOJONI”. In regalo con la prima uscita il cuscino scorreggione».
Quando Di Battista baciava i suoi colleghi in parlamento
Insomma, il popolo del web tira le orecchie al noto esponente grillino. A cui andrebbero fatti notare altri due momenti della vita del suo partito: in primis, gli insulti di Paola Taverna ai suoi colleghi parlamentari, rivendicati durante un comizio pubblico in cui ricordava di aver apostrofato come “merde” i senatori del Pd, seguendo con l’immarcescibile “dovete morire”. Poi, alla Camera, la famosa protesta in cui i deputati si baciarono in occasione della legge contro l’omofobia. Tra coloro che si baciarono c’era proprio lui, Di Battista. Chissà cosa pensa oggi di quel bacio in una delle massime sedi istituzionali del nostro Paese. Io credo che basterebbero questi due esempi, al nostro eroe, per riuscire a distinguere davvero tra “uso politico” del corpo e volgarità.