L’intersessualità è una condizione per cui alcuni caratteri che compongono l’aspetto anatomico sessuale dell’individuo non sono concordanti tra loro a livello genetico, gonadico o genitale ed è una realtà del tutto biologica seppure venga spesso erroneamente confusa con il genere o con l’orientamento sessuale che sono, invece, dimensioni indipendenti. L’incidenza dell’intersessualità dei bambini sembra essere pari all’1,9% della popolazione (Sterling, 2000), ma vi potrebbero essere persone che non sono state registrate come intersessuali, pur rientrando in questa parte di popolazione. Dal momento che questi individui sono dotati di connotati maschili e femminili, in contrapposizione tra loro, spesso sono stati definiti “ermafroditi”, ma biologicamente parlando, gli ermafroditi sono esseri con entrambi gli organi sessuali, maschili e femminili, perfettamente funzionanti e tale condizione è impossibile per gli umani. In ambito medico e clinico si ricorre spesso ai termini di “pseudo-ermafroditismo” o, più semplicemente, di “mosaicismo” per via delle caratteristiche parziali miste, maschili e femminili.
Ci sono casi in cui le caratteristiche anatomiche dovute all’intersessualità comportano dei rischi per la salute e necessitino di specifici trattamenti medici. Al di là di questi casi specifici, l’urgenza di assegnare chirurgicamente il sesso già nella primissima infanzia sembra essere una prerogativa del tutto medica, ma talvolta questa “fretta di normalizzazione” può comportare degli errori di valutazione o portare a interventi chirurgici irreversibili, potenzialmente dannosi sia a livello fisico che a livello psicologico per la persona intersessuale. Dunque, la strategia di trattamento primario in caso di intersessualità è quello di “risolvere il problema” alla nascita cercando di mantenere lo sviluppo e la genitorialità congruente al genere assegnato.
La speranza è quella di eliminare la difficoltà dello sviluppo relative al genere, facendo scendere il silenzio sulla questione. Di conseguenza l’intersessuale si trova spesso ad avere poche informazioni relativamente alla propria condizione medica, alla propria storia chirurgica, alla propria capacità riproduttiva e alla propria sessualità. Tale silenzio può avere un impatto psicologico sfavorevole. Infatti è stato rilevato come l’essere incoraggiati a mantenere questo segreto sulle alterazioni chirurgiche subite, rafforzi unicamente i sentimenti di isolamento e vergogna che le stesse procedure mediche tentano di alleviare (Preves, 1999).
Per molto tempo termini come “intersessualità” o “ermafroditismo” sono stati avvertiti dai pazienti e dalle famiglie di questi come confusivi e talvolta anche discriminatori, aprendo più volte a dibattiti in cui si sentiva la necessità di adottare ed utilizzare una terminologia differente, condivisibile anche in ambito scientifico. Per questo, dal 2006, si parla di “Disordini della Differenziazione Sessuale” (DDS) sempre riferendosi all’insieme delle condizioni cliniche congenite che possono portare ad un quadro di ambiguità nella determinazione del sesso dell’individuo sia al momento della nascita sia successivamente, nel corso dello sviluppo dell’individuo. Tale terminologia sembra non essere ancora del tutto adeguata perché rinforza sicuramente l’idea che l’intersessualità sia una condizione medica, così lo spettro del “trattamento” sembra essere dietro l’angolo (Valerio, 2013). In Italia si sta tentando di sostituire la categoria “Disordini della Differenziazione Sessuale” con “Sviluppo Sessuale Differente”, in modo da poter assumere termini e posizioni il meno giudicanti possibile e che, di contro, rimarchino il diritto al rispetto delle persone.
A tal proposito, gli attivisti intersessuali combattono per il riconoscimento dei diritti umani e soprattutto per l’integrità corporea attraverso un movimento di sensibilizzazione che sostiene l’intersessualità come variante naturale, che gli interventi di chirurgia estetica ai genitali non siano necessari dal punto di vista medico e che le persone intersessuali possano scegliere liberamente per i loro stessi corpi, eccezione fatta in quelle situazioni rischiose per la salute.