La legge Zan, il ddl mirato a contrastare discriminazioni e violenze per sesso, orientamento sessuale e identità di genere, ha già avviato il dibattito politico del nostro Paese. Diverse sono le voci che si levano, sia per sostenerla e sia – soprattutto e purtroppo – per tentare di affossarla. Vescovi, catto-qualcosa, realtà omo-transfobiche, frange ultra-minoritarie del femminismo radicale e conservatore, destre (estreme e non) scaldano i motori per lanciare la solita offensiva, triste deja vu già sperimentato ai tempi delle unioni civili. Si è già parlato di questo fuoco incrociato – spesso reputato, a torto, come fuoco amico – contro il provvedimento. Sarà utile analizzarne argomenti e linguaggio utilizzati, con lo scopo di svelarne le contraddizioni. Partendo proprio dalla supposta “eterofobia”.
L’inconsistenza dell'”eterofobia”
Stanno facendo discutere, infatti, le recenti affermazioni di Matteo Salvini, l’uomo che mangia granite e arancine all’interno dello stesso pasto, sul fatto che bisognerebbe introdurre il reato contro l’eterofobia. Argomento, questo, di vecchia data. Già Rocco Buttiglione, esponente di punta dei cattolici parlamentari nel centro-destra, faceva notare che picchiare un omosessuale non doveva essere più grave che picchiare un eterosessuale. E infatti così non è: non si reputa più importante la vittima di una discriminazione o di un’aggressione. Semmai, si reputano più gravi alcuni presupposti che hanno portato a quei reati.
L’esempio del parcheggio
A questo punto, forse è utile portare un paio di esempi: se guidando in modo sconsiderato investo una persona, uccidendola, rischio di incorrere in una dura condanna. Se si scopre che ero anche in stato di ebbrezza, per droga o alcol, scatta un’aggravante. Immaginate, adesso, la violenza contro un individuo come quell’automobile. E il pregiudizio sull’orientamento sessuale o l’identità di genere come quella “sostanza” che ha drogato la mia facoltà di discernimento. In questo ultimo caso, scatterebbe la legge Zan. O ancora: litigo con una persona e la picchio, per una banale lite relativa a un parcheggio. Se quella persona è omosessuale, e se la lite non è scatenata da ragioni relative al suo orientamento, verrò denunciato e perseguito per percosse, non per omofobia. Perché, ripetiamolo ancora, non è l’oggetto della violenza a valere di più, ma le ragioni che portano alla violenza stessa.
Eterofobia? Come dire che si discriminano i bianchi
Ancora, una legge contro l’eterofobia non sta alla realtà delle cose. Sarebbe, infatti, come chiedere una legge contro la discriminazione dei bianchi o la discriminazione dei maschi: stiamo parlando di cose che non esistono visto che eterosessuali, bianchi e maschi non sono oggetto sistematico di discriminazione. Ma se, ammettiamo ancora, un domani io picchiassi una persona – per assurdo, va da sé – in quanto eterosessuale, ebbene, la legge Zan tutelerebbe anche lui: «Se l’eterofobia esistesse» scrive Angelo Schillaci in una nota esplicativa su Facebook, «la proposta Zan ne tutelerebbe le vittime. Eh già. Perchè la proposta Zan parla di orientamento sessuale e questa espressione, evidentemente, li comprende tutti, compreso quello eterosessuale. Pensa un po’».
La legge Zan tutela anche gli eterosessuali
E non solo. Proprio perché è il movente ad essere punito e non la vittima ad essere privilegiata, concludo ricordando che in Italia non sono rari casi di persone eterosessuali aggredite perché credute gay. Come il caso del signore in autobus a Genova, scambiato per omosessuale e pestato in quanto tale. La legge Zan interverrebbe anche in questo caso. E quindi tutelerebbe una persona vittima di omofobia pur non appartenendo alla comunità Lgbt+. Così come nelle scuole, molti adolescenti vengono presi di mira con quella che è l’accusa di presunta omosessualità. La legge Zan, intervenendo anche nelle scuole, mira a rendere più semplice la vita di migliaia di ragazzi e ragazze. Anche chi non è gay, lesbica, bisessuale, transgender. E chissà, tra quei ragazzi presi di mira ci potrebbe essere anche chi, oggi, la pensa come Salvini. Quello che, l’ho già detto, mangia granite e arancine all’interno dello stesso pasto. Tenderei a non fidarmi, insomma.