Quattro anni e nove mesi di reclusione, divieto di frequentare luoghi in cui si trovano minorenni, oltre a una precedente multa di 25.000 euro di risarcimento per abusi sessuali: questa la condanna per don Inzoli, capo carismatico di Comunione e Liberazione di Cremona per ben trent’anni, fondatore del Banco Alimentare e noto frequentatore di convegni a sostegno della famiglia tradizionale, come quello organizzato dalla Regione Lombardia, con il benestare del presidente Roberto Maroni, che tanto fece discutere l’anno scorso.
Accuse molto gravi, quelle per il sacerdote: otto episodi di violenza sessuale di cui il sacerdote ha dovuto rispondere, altri quindici caduti in prescrizione. I fatti risalgono al periodo tra il 2004 e il 2008, quando don Inzoli era rettore al liceo linguistico Shakespeare e parroco della chiesa della Santissima Trinità di Crema alla quale afferiva il gruppo Gioventù studentesca. Il condannato avrebbe approfittato del suo ascendente sia sulle vittime sia sulle stesse famiglie le quali, come si legge su Repubblica che riporta la notizia, «per questo motivo non avrebbero avuto la forza di reagire: tutti provavano una fortissima sottomissione psicologica davanti a lui».
Per questi fatti, si legge ancora, «fu Papa Benedetto XVI a infliggere a don Inzoli la riduzione allo stato laicale, ammorbidita in seguito il 27 giugno 2014 da Papa Francesco con una pena medicinale perpetua: il prete è stato invitato a condurre una “vita di preghiera e di umile riservatezza come segni di conversione e di penitenza”». Le autorità religiose avevano però deciso di non trasmettere alla Procura gli atti inerenti i casi accertati di abusi su minori. L’inchiesta è invece partita dopo un esposto presentato da Franco Bordo, deputato di SEL.
Uno stile di vita, quello del sacerdote, molto lontano da quella propensione alla povertà e alla tutela dei più deboli che sta alla base della predicazione del Vangelo: amante del lusso sfrenato, don Inzoli è stato soprannominato “don Mercedes”. Nonostante ciò, è rimasta salda la sua difesa per i valori della famiglia tradizionale, come attestano le immagini che lo videro tra i partecipanti del già citato convegno organizzato dalla Regione Lombardia per tutelare i valori della famiglia tradizionale. Una presenza che evidentemente non ha imbarazzato più di tanto le figure istituzionali lì convenute, per cui è forse più grave che adulti consenzienti riescano a vivere in piena dignità il loro legame affettivo.