Nella prima sessione di audizioni, ieri in Commissione Giustizia della Camera dove la legge sulle unioni civili si trova attualmente, i deputati hanno ascoltato le posizioni di Famiglie Arcobaleno, l’associazione delle coppie omosessuali con figli, e di Pro Vita Onlus, una delle associazioni ma meggiormente si oppone al riconoscimento delle coppie dello stesso sesso. Ed è stata proprio Pro Vita ad avanzare la richiesta che si preveda la possibilità per gli ufficiali di stato civile e i sindaci di appellarsi all’obiezione di coscienza per non celebrare le unioni civili.
Nel testo attualmente in discussione, non si fa menzione all’art. 138 del codice civile che stabilisce delle sanzioni nei confronti di sindaci e ufficiali di stato civile che si rifiutino di celebrare i matrimoni o di procedere alle pubblicazioni. Questo significa che, invece, davanti ad una coppia dello stesso sesso chi è tenuto a celebrare l’unione potrà rifiutarsi, magari invocando proprio l’obiezione di coscienza?
Possiamo dire con un buon margine di sicurezza che la risposta è no, per una serie di ragioni che vediamo di seguito.
Innanzitutto, per invocare legalmente l’obiezione di coscienza questa deve essere prevista dalla norma che si chiede di applicare. Attualmente, le uniche leggi italiane che prevedono la possibilità di obiezione di coscienza sono quella sull’interruzione di gravidanza (la 194 del 1978) e quella sul servizio di leva obbligatorio, abolito nel 2005. La legge in discussione alla Camera attualmente non prevede l’obiezione di coscienza, che quindi non può essere tecnicamente invocata.
È vero, d’altronde, che il testo non contempla espressamente sanzioni per chi si rifiuta, come invece accade per il matrimonio.
“L’unione civile è istituto diverso dal matrimonio – ci spiega Angelo Schillaci, giurista dell’Università Sapienza di Roma -, e la forma della sua celebrazione è autonomamente disciplinata dal comma 2 del disegno di legge. È probabile che la norma non sia stata estesa per questa ragione. Inoltre, l’articolo che stabilisce le sanzioni, il 138 del codice civile, si riferisce anche alle pubblicazioni di matrimonio che per le unioni civili non sono previste“.
Di fatto, è possibile che qualche sindaco o ufficiale di stato civile, a legge approvata, invochi l’obiezione di coscienza per non celebrare l’unione tra due persone dello stesso sesso. “L’attuale testo, ai commi 2 e 3 dell’articolo 1 – continua Schillaci – prevede che sia l’ufficiale di stato civile a celebrare l’unione e a provvedere ‘alla registrazione degli atti di unione civile’. Questo implica che è dovere dell’ufficiale svolgere questo compito. Nel caso in cui un ufficiale di stato civile dovesse rifiutarsi, dunque, potrebbero porsi le basi per un’accusa di omissione e rifiuto di atto d’ufficio“. Stiamo parlando, per essere precisi, di un reato codificato dal codice penale nell’art. 328.
Per concludere: non essendo espressamente prevista nell’attuale ddl, l’obiezione di coscienza non può essere usata come una motivazione per non celebrare una unione civile. Ciò non toglie che qualche sindaco possa comunque, per questioni politiche o ideologiche, rifiutarsi di procedere alla celebrazione. Davanti a un fatto del genere, però, potrebbe scattare la denuncia in base all’art. 328 c.p.