È stata persentata ieri in Senato la prima proposta di legge contro le cosiddette terapie riparative praticate sui minorenni. A proporre il disegno di legge è Sergio Lo Giudice, senatore del Pd ed ex presidente di Arcigay. Il testo, redatto con il supporto di esperti del settore come lo psicanalista Vittorio Lingiardi, prevede fino a due anni di reclusione per chi, medici, educatori, operatori di vario genere, sottoponga un minore a pratiche che non solo sono misconosciute e condannate da tutta la comunità scientifica internazionale, ma che risultano perfino dannose per le persone che vi si sottopongono, specialmente se minori.
“Quando ho proposto la legge ai miei colleghi per raccogliere le loro firme – ha raccontato con una nota Lo Giudice, impegnato nel voto sulla legge sul reato di tortura -, la reazione è stata di incredulità. Pochi sanno che centri e presunti medici che propongono la conversione dell’orientamento sessuale esistono anche in Italia e che in molti vi si rivolgono”.
Chi si rivolge alle strutture e alle persone, definite “stregoni” durante la presentazione, sono di solito persone che hanno difficoltà ad accettare il proprio orientamento sessuale per via dello stigma sociale che ancora oggi accompagna l’essere omosessuale. Quando si tratta di minori, poi, non indifferente è anche il ruolo dei genitori, che non di rado si convincono che l’omosessualità dei propri figli si possa “correggere” o “curare”.
Il problema, ha spiegato Lingiardi è che “trovano qualcuno che risponde a questa esigenza”. I risultati sono devastanti, per i soggetti sottoposti a pratiche che non hanno nulla di scientifico: oltre alla difficoltà di accettare il prorio orientamento, infatti, che si concretizza nella cosiddetta omofobia interiorizzata, si aggiunge la frustrazione di non poterlo cambiare e la sensazione di dare “una delusione” alla propria famiglia.
“La norma di rivolge ai minori – ha spiegato Lingiardi -, non perché i maggiorenni possono essere oggetto di queste terapie, ma perché è considerato un investimento intervenire su soggetti che hanno una minore capacità di affermare una propria dignità e volontà. Non si vuole qui affermare che si nasce e si muore omosessuali o eterosessuali, non si discute la variabilità del desiderio e della sessualità umana. Ma imporre queste transizioni come cura medica è un grave errore. La stessa parola “riparativo”, lo dice. Si ripara qualcosa che è rotto, ma l’orientamento sessuale non è un fallimento dello sviluppo psicosessuale delle persone: è una variante naturale di questo sviluppo psicosessuale. Cosa c’è, dunque da riparare?”.
Alla presentazione ha partecipato anche Michele Sasso, il giornalita dell’Espresso autore dell’inchiesta sui centri che propongono le terapie riparative (che potete leggere qui). Sasso si è finto un omosessuale che non si accetta e si è rivolto a uno di questi centri, documentando il clima di oppressione e “drammaticamente mediavale” che si respira in quei luoghi. “La cosa davvero drammatica – ha commentato Sasso – è che tutto questo ha l’appoggio della chiesa ufficiale, delle alte gerarchie ecclesiastiche affascinate dall’idea che si possa curare l’omosessualità. All’inconto a cui ho partecipato a Torino, nel bellissino palazzo in cui Don Bosco fondò i salesiani, c’era il portavoce dell’arcivescovo che continuava a dirci che il cammino verso la guarigione è un percorso di sofferenza”.
“Non so quanto riusciremo a calendarizzare la legge e ad arrivare ad una discussione – ha concluso Lo Giudice -: siamo già nella fase discendente della legislatura e non sono sicuro che riusciremo entro un anno ad arrivare al voto. Ma l’argomento ora è sul tavolo. Abbiamo voluto questo testo nel ricordo di Leelah Alcorn, la giovane trans morta suicida per le pressioni ricevute nel tentativo di “ripararla”, e per tutti coloro che subiscono e hanno subito una tale violenza. Perché fatti del genere non debbano più verificarsi”.