Una lettera di messa in mora per Ungheria e Polonia, a causa delle loro legislazioni anti-lgbt+. Così la Commissione europea, nei confronti dei due governi sovranisti e di estrema destra. La procedura di infrazione contro Budapest e Varsavia era nell’aria già dagli inizi di luglio. Durissima, a proposito, la presidente Ursula von der Leyen: «L’Europa non permetterà mai che parti della nostra società siano stigmatizzate: sia a causa di chi amano, a causa della loro età, della loro etnia, delle loro opinioni politiche o delle loro convinzioni religiose». Dalle parole, dunque, ai fatti.
La procedura di infrazione per Polonia e Ungheria
Polonia e Ungheria – come ricorda il Corriere.it – hanno «due mesi di tempo per rispondere ai rilievi della Commissione, trascorsi i quali l’esecutivo comunitario potrà decidere di inviare pareri motivati e successivamente deferire i casi alla Corte di giustizia dell’Ue». E non solo. Il governo di Orban dovrà rispondere anche «per aver illegittimamente limitato l’accesso alla procedura di asilo». Ricordiamo che proprio il governo ungherese ha di recente approvato una legge che vieta di parlare di omosessualità ai minori di 18 anni. Ciò significa una censura di fatto di tutti i temi in chiave Lgbt+. Legge che, per la Commissione, viola l’articolo 2 del Trattato dell’Ue che sancisce il divieto di discriminazione.
“Le decisioni della Corte di giustizia sono vincolanti”
E non solo Orban è nei guai: la Polonia deve rispondere delle “zone libere dall’ideologia Lgbt”, presenti nelle zone sud-orientali del paese. Ma qualche problema ce l’ha anche il nostro Paese. L’Italia, infatti, è stata bacchettata «per lacune nella condivisione delle informazioni per combattere il terrorismo e la criminalità». E di fronte alle proteste dei governi sovranità, che si lamentano di ingerenze da parte dell’UE nelle legislazioni locali, Bruxelles fa presente che la legge dell’Unione Europea sovrasta le leggi nazionali. E tutte le decisioni della Corte di giustizia dell’Ue sono vincolanti.