Domenica a San Marino si potrebbe fare, anzi si farà in ogni caso, la storia: la piccola Repubblica di 33mila persone vedrà i cittadini e le cittadine votare al referendum per introdurre l’Ivg (interruzione volontaria di gravidanza) legale.
Infatti a San Marino dal 1800 interrompere una gravidanza si configura come reato penale, anche nel caso di stupro, di incesto e gravi malformazioni del feto. Vietata dagli articoli 153 e 154 del codice penale, la pratica di Ivg prevede la reclusione da tre a sei anni. Le pene riguardano sia la donna che abortisce sia ogni persona che la aiuta.
Le donne che desiderano abortire devono andare di nascosto in Italia e sostenere di tasca propria le spese per farlo: circa 2mila euro.
Il Referendum del 26 settembre
Ma torniamo al referendum per l’aborto sicuro, indetto per domenica 26 settembre. A indirlo è stato il Comitato coincidente con l’Unione Donne Sammarinesi raccogliendo 3mila firme (ben tre volte quelle necessarie!). Questo è il quesito a cui rispondere con un “si” o con un “no”.
“Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?”.
L’Uds sostiene i principi inseriti nel quesito stesso che sono fondamentalmente due: l’autodeterminazione della donna e l’aborto terapeutico. Che significa?
L’autodeterminazione di ogni donna è la possibilità di decidere liberamente se interrompere la gravidanza entro il limite temporale preciso della dodicesima settimana di gestazione. L’aborto terapeutico è la possibilità di abortire anche successivamente alla dodicesima settimana, solo in caso di pericolo per la vita della donna oppure in presenza di anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna.
Le tempistiche e le circostanze sono volutamente identiche alla legge italiana numero 194 che dal 1978 garantisce l’aborto legale e che comunque è costantemente disattesa e minacciata dall’obiezione di coscienza.
I No Choice all’attacco
Ad andare con le dita negli occhi ai principi di autodeterminazione, legalità e laicità ci sono gli anti-abortisti, i no choice. Appellandosi alla questione demografica, hanno lanciato delle violente campagne per sponsorizzare il “no” al referendum che nega alle donne la libertà di decidere sul proprio corpo e che le obbliga, di conseguenza, ad abortire altrove.
Nel frattempo però l’Unione Europea si schiera in favore: giusto il 16 settembre dall’Ue ha adottato un’importante risoluzione che chiede di identificare la violenza di genere come nuova sfera di criminalità tra quelle elencate all’articolo 83 paragrafo 1 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Perché c’entra? Il Parlamento europeo ha avviato una procedura legislativa ordinaria con la quale adottare direttive di contrasto alla violenza di genere. La procedura prevede delle norme minime per tutti i Paesi membri che quindi agiranno secondo alcune basi comuni. Tra queste anche la coercizione riproduttiva e la negazione di un’assistenza all’aborto sicuro e legale. Ecco che c’entra.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che leggi restrittive sull’aborto e la mancata attuazione del diritto di scelta violano i diritti umani delle donne. Secondo la CEDU la possibilità per le donne e l’autonomia di decidere liberamente sul loro corpo e la loro vita sono condizioni indispensabili per l’indipendenza economica, l’uguaglianza di genere e l’eliminazione delle violenze di genere.
A San Marino si farà la storia
Il referendum del 26 settembre a San Marino farà la storia in ogni caso: si pone al centro di un tema di interesse globale anche all’indomani delle politiche restrittive di alcuni Paesi per le quali il Parlamento europeo ha sentito la necessità di inserirsi nel dibattito. Di fatto l’urgenza è quella di invertire una tendenza.
Il comitato promotore ha diffuso una nota. “Il referendum del 26 settembre si colloca in un momento storico quanto mai attivo sul tema dell’interruzione volontaria di gravidanza – spiega -. Ci auguriamo che il popolo sammarinese dimostri al proprio Parlamento e all’Europa che anche in tema di diritti è pronta ad una più ampia integrazione con l’Europa stessa”.