Si parla di bullismo omofobico quando bambini o ragazzi subiscono azioni offensive a carattere omofobico da cui non riescono a difendersi, da parte di uno o più membri del gruppo dei pari, azioni che sono la maggior parte delle volte intenzionali e soprattutto ripetute nel corso del tempo. Le aggressioni, che possono essere sia fisiche che verbali sono dirette ad attaccare l’orientamento sessuale reale o presunto della vittima, oppure del ruolo di genere, non conforme a delle aspettative socio-culturali che giudicano come “corretta” orientarsi verso un’ “etero-normatività”. In altri casi le vittime vengono colpite perché hanno un parente oppure uno o entrambi i genitori sono dichiaratamente gay, lesbiche o transessuali (Lingiardi, 2007; Guarino, 2011)
Chi è stato vittima di bullismo assume diversi comportamenti “tipici” quali un atteggiamento difensivo e di sfiducia verso l’altro, volto a proteggere le proprie emozioni e la propria sensibilità che difficilmente verrà mostrata nuovamente all’esterno. Si sceglierà la via del silenzio e del conformismo per “regolarsi alla norma” per non essere giudicati, talvolta non sapendo che questo “compromesso” con se stessi non farà altro che alimentare un dolore inespresso. In questo senso, infatti, gli atteggiamenti ostili verso gli altri vengono difficilmente sopportati, amplificando il senso di giustizia. L’essere cauti, sempre attenti ai comportamenti e alle emozioni propri e altrui, evitare conflitti o permettersi di lasciarsi andare, implica sicuramente un impiego dispendioso di energie non senza difficoltà (Biakolo, 2014).
Rispetto alle altre forme di bullismo, quello omofobico presenta alcune peculiarità: a) la vittima viene attaccata sempre nella dimensione dell’identità che riguarda il genere e nella sessualità; b) la vittima puo incontrare difficoltà a chiedere aiuto perché se già nel bullismo in generale la vittima ha difficoltà a rivolgersi agli insegnanti o ai genitori per chiedere aiuto e spesso tende a negare le prepotenze subite, chiedere aiuto perché si è vittima di bullismo omofobico equivale a richiamare l’attenzione sulla propria sessualità, vivendo tale situazione con ansia e vergogna, cui si aggiunge il timore di deludere le aspettative genitoriali e sociali di eterosessualità ovvero di conformità al proprio genere sessuale; c) la vittima può incontrare particolari difficoltà a individuare figure di sostegno e di protezione tra i suoi pari: se i “difensori” della vittima sono già pochi, tale numero si abbassa ulteriormente nel caso di bullismo omofobico; d) il bullismo omofobico può assumere significati difensivi rispetto all’omosessualità: attraverso gli agiti omofobici, il bullo afferma la sua legittimità e il suo essere “normale”, dando sfogo in modo aggressivo ad una eventuale omofobia interiorizzata (Lingiardi, 2007).
Le conseguenze del bullismo omofobico sicuramente variano all’interno di un ampio spettro tra effetti immediati ed effetti a lungo termine che incidono sul benessere psico-fisico delle vittime. La dispersione scolastica che sembrerebbe un primo tentativo di difendersi dalle violenze subite sicuramente incide sul senso di protezione e di tutela nonché sul proprio diritto di educarsi. Inoltre, tali vessazioni possono ripercuotersi con conseguenze ancora più rilevanti quali problemi relazionali, diminuzione dell’autostima, atteggiamenti depressivi, fino a comportamenti autolesivi e allo sviluppo del disturbo post-traumatico da stress, fino ad arrivare ai tentativi suicidari, raccontati già troppe volte dalla cronaca.
Informare, educare e legiferare contro il bullismo e contro il bullismo omofobico è l’unico modo per garantire la tutela dell’individuo a crescere, rispettarlo nell’essere semplicemente se stesso e permettere alla cultura di uscire dall’ottica etero-normativa che crea, purtroppo ancora, discriminazione e violenza.
“Occorre, in altri termini, avere il coraggio di usare le parole in modo nuovo: non come proiettili da puntare contro qualcuno, ma come pennelli per una felice rappresentazione dell’essere” (Dario Accolla)