Non è bastato il ricorso al Tar. Ieri il consiglio comunale di Trieste ha votato contro l’uso della sala matrimoni anche per le unioni civili, come sarebbe previsto dalla legge cosiddetta Cirinnà. Il voto è arrivato a mezzanotte circa ed era abbastanza prevedibile che finisse così data la maggioranza di centro destra che appoggia il sindaco leghista. “Una scelta politica – secondo l’assessore Lo Bianco, intervenuto in aula -, basata su fondamenta legislative”. “Non tollero dunque di essere chiamato discriminatore” ha concluso l’assessore. Peccato che l’ormai noto comma 20 della legge 76/2016 preveda l’equiparazione della costituzione delle unioni civili al rito del matrimonio ed è su questa base che due coppie triestine hanno, appunto, fatto ricorso al Tar.
Le stesse coppie che ieri sera hanno assistito al consiglio comunale portando una maglietta con su scritto “non ci faremo umiliare”. Mentre fuori dal palazzo un gruppo di un centinaio di attivisti supportava la protesta in aula, poi, è stato srotolato uno striscione con la stessa scritta.
Compatta la maggioranza che ha espresso 23 voti contrari contro i 14 favorevoli dell’opposizione. In aula non sono mancate, da parte delle destre, le note invocazioni dell’obiezione di coscienza, dell’ordine naturale, della famiglia tradizionale e via discorrendo secondo un copione già noto di slogan molto in voga tra le forze politiche fin da subito hanno tentato di ostacolare la legge e ora tentano di impedirne la piena applicazione.
Vale la pena ricordare che alcuni aspetti della legge che, nonostante il decreto ponte, ancora lasciano spazio ad interpretazioni ambigue, troveranno espresso chiarimento nei decreti attuativi che il ministero della Giustizia è tenuto ad emanare entro il 5 dicembre prossimo. Intanto, le coppie che si trovano ad avere che fare con amministrazioni ostili stanno già provvedendo a ricorrere alla giustizia, come successo a Trieste.
(foto: Massimo Silvano – il Piccolo)