Pur essendo la metà dei 35 milioni di persone sieropositive nel mondo, sono ancora pochissime le donne che partecipano alle sperimentazioni di vaccini e terapie per l’hiv.
Sono solo l’11% dei partecipanti delle sperimentazioni di cure e il 19% di quelle per i farmaci antiretrovirali. Maggiore la loro presenza negli studi sui vaccini, dove sono il 38%. Ma ora, che si stanno esplorando nuove possibili terapie, il bisogno di arruolare donne è ancora maggiore, come sottolinea Amfar, ong americana di ricerca sull’Aids, sul New York Times.
“Se siamo sulla strada per trovare una cura, è importante che funzioni per tutti”, commenta Rowena Johnston, direttore per la ricerca di Amfar. La risposta all’infezione da Hiv è infatti diversa tra i due sessi. Il sistema immunitario femminile per esempio all’inizio risponde energicamente, mantenendo il virus sotto stretto controllo per 5-7 anni. Ma nel lungo periodo le donne avanzano più velocemente verso l’Aids, la fase conclamata della malattia, e sono più soggette a infarto e ictus. Finora il numero di uomini, soprattutto gay, nelle sperimentazioni sull’hiv ha sempre superato quello delle donne. Gli omosessuali hanno formato delle forti reti di supporto che avvisano i potenziali partecipanti di sperimentazioni cliniche. Le donne sieropositive invece tendono ad essere isolate e a non sostenersi l’una con l’altra. Nei rari casi in cui i ricercatori vanno oltre il limite per arruolare le donne, devono passare anche per il vaglio della Food and Drug Administration (Fda), l’agenzia che regola i farmaci. Così molti preferiscono far partecipare solo uomini, e raccogliere dati sulle donne dopo che il farmaco è sul mercato.
“E’ difficile che gli scienziati sentano il bisogno di arruolare donne – commenta Eileen Scully, dell’università Johns Hopkins – Alcuni rifiutano questo tipo di discussione perché la ritengono socialmente predeterminata, o come una sorta di liberazione della donna”. Scully ha coordinato l’unica sperimentazione di terapia che si e’ concentrata solo sulle donne. “E’ stata una delle sperimentazioni più veloce di sempre – conclude – Le donne sono pronte a partecipare”.
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