L’interruzione volontaria di gravidanza è legge in Argentina: dopo una battaglia politica e parlamentare durata ben quindici anni, il Senato del paese sudamericano ha approvato definitivamente la legge che permette alle donne di abortire, al di fuori dei casi in cui era consentito fino a questo momento: ovvero per stupro e se la gravidanza poteva comportare pericolo di morte per la madre. Una vittoria salutata con favore dai movimenti femministi nonostante l’opposizione della chiesa ed alcune mediazioni al ribasso, presenti del disegno di legge.
Tra le mediazioni al ribasso, ci sono innanzi tutto il tempo previsto per accedere al servizio. «La Campaña Nacional por el Derecho al Aborto Legal, Seguro y Gratuito, movimento nato 15 anni fa per lottare insieme ai collettivi femministi per la depenalizzazione e la legalizzazione dell’aborto» come riporta Il Post, chiedeva un tempo di attesa di cinque giorni dal momento della richiesta per accedere all’interruzione di gravidanza. La legge prevede un tempo di dieci giorni, invece. E non solo.
La legge prevede, infatti, l’obiezione di coscienza. Secondo quanto riporta Il Post, è stata l’introduzione di tale garanzia ad aver spianato la strada alla legge. L’obiezione di coscienza può essere sia individuale, sia di struttura. Intere cliniche private – gestite da religiosi, per lo più – possono dunque rifiutarsi di praticare l’interruzione di gravidanza. La legge prevede, tuttavia, «l’obbligo di garantire il servizio attraverso il trasferimento in una struttura pubblica disponibile, facendosi carico di procedure e costi associati al trasferimento».
La Campaña Nacional, «il cui simbolo sono i fazzoletti verdi (pañuelos)», paventa che l’obiezione di coscienza diventi il grimaldello per rendere inefficace la legge, così come avviene in altri paesi in cui l’aborto è garantito. Diversi gli aspetti positivi del provvedimento, invece. Quali «la legalizzazione, la depenalizzazione e il riconoscimento del diritto ad un aborto legale, sicuro e gratuito fino alle 14 settimane di gestazione». E l’inserimento dell’«aborto nel programma medico obbligatorio (PMO), quindi come una prestazione medica di base, essenziale e gratuita». La legge, ancora, colpisce «chi ostacola o nega l’accesso all’aborto» e prevede che ci si occupi «anche di educazione sessuale».
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