La campagna elettorale in atto sta già facendo discutere per i temi, cari alla comunità Lgbt, presenti o meno nei programmi di partito. A quanto pare, solo Potere al Popolo e Liberi e Uguali rispondono in modo soddisfacente alle richieste del movimento arcobaleno, con +Europa al seguito. Il M5S non dedica nemmeno una riga alla questione, le destre richiamano a soluzioni degne da repubblica post-sovietica (a cominciare dall’introduzione di ipotetiche norme che definiscono il matrimonio come istituto formato solo da un uomo e una donna) e il Pd dedica poche righe, generiche e pavide, senza alcuna menzione al matrimonio. Ma chi ha ben seguito la politica, negli ultimi anni, non ha avuto amare sorprese. Semmai, solo una riconferma di ciò che è la “sinistra” di governo. Ma andiamo oltre.
Tra i temi assenti in questa campagna elettorale, c’è quello sulla Gpa. I partiti, un po’ tutti, decidono di non affrontare la questione. Nessun progetto per la sua regolamentazione – e anche qui, nessuno stupore – ma nemmeno nessuna ipotesi di divieto. Il che, se guardiamo le manovre delle ultime settimane del fronte contrario a quello che viene volgarmente detto “utero in affitto” (dicitura non solo volgare, ma anche misogina perché riduce una donna al proprio organo riproduttivo e la sua autodeterminazione a mera pratica commerciale), rappresenta una sconfitta su tutta la linea.
Se ricostruiamo le mosse del fronte anti-Gpa, possiamo concludere che molto rumore è stato fatto. Per nulla. Già ArciLesbica si faceva ricevere da Silvia Fregolent – responsabile per i diritti nel Partito democratico – per ottenere provvedimenti restrittivi sulla gestazione per altri. Il programma del Pd non solo non li prevede, ma riporta un passaggio (per quanto fumoso) che recita: «Tutti i bambini sono uguali, hanno pari diritti dinanzi alla legge a prescindere dalle famiglie nelle quali sono nati». Fumo negli occhi nei confronti di chi, in passato, si è opposto alle stepchild adoption perché potevano aprile all'”utero in affitto”. Ricordiamo, a tal proposito, l’appello a ridosso della discussione sulle unioni civili da parte di Se non ora quando – Libere, che aiutò le frange omofobe di allora. Appello apparentemente sconfessato proprio da quelle poche righe.
Il confronto tra ArciLesbica e Fregolent non lasciò indifferenti diverse attiviste. All’indomani del disastro sulle candidature del Pd e l’esclusione di Sergio Lo Giudice, si potevano leggere – e anche udire, tanto erano gridate quelle parole – comunicati trionfanti sul fatto che quell’incontro avesse determinato il siluramento del senatore, considerato fiero sponsor della Gpa (Lo Giudice ha due figli, insieme a suo marito). Peccato che gli stessi rumors da social network non abbiano considerato il fatto che Fabrizia Giuliani, la parlamentare che ha organizzato l’incontro e che pare sia molto vicina alle posizioni di Snoq – Libere, non sia stata ricandidata a sua volta.
Il fronte anti-Gpa, intanto, ha continuato alacremente a lavorare perché la politica ammetta istanze proibizioniste: il 23 febbraio, Monica Ricci Sargentini scriveva, sul Corriere.it, che «una rete di associazioni, gruppi e singole tra cui Se Non Ora Quando Libere, ArciLesbica e il Coordinamento italiano della Lobby europea delle donne ha scritto una lettera appello ai segretari di partito per chiedere un impegno a mantenere e rendere efficace il divieto alla maternità surrogata». Tra le firmatarie, anche Andrea Catizone presidente di Family Smile ed esperta di diritto di famiglia. La quale, scoperto che il suo nome figurava in quella lista, ha sconfessato la sua adesione. Fatto non nuovo, nella storia epistolare del femminismo anti-Gpa: anche Dacia Maraini, che in un primo momento aveva firmato l’appello di Snoq – Libere, ne aveva poi preso le distanze in un secondo momento.
Con questo, non si vuole di certo dire che il movimento Lgbt abbia avuto una sua influenza in senso opposto. Più semplicemente, il Pd (così come altre forze politiche) ha deciso di rimanere neutrale rispetto alla questione. Agitare la questione, invece, con toni trionfalistici – come fa la controparte vicina alle istanze proibizioniste e a differenza delle altre associazioni arcobaleno – non è intellettualmente onesto.
Adesso, a programmi elettorali pubblicati, possiamo riscontrare tre tendenze: quella abolizionista e aggressiva delle destre, da Berlusconi a Salvini, passando per Eugenia Roccella; la posizione più asettica, da parte del Pd (quelle poche righe sui diritti civili ricordano il triste programma dell’Unione che portò ai DiCo); le visioni più avanzate di LeU, PaP e +Europa. In tutto questo, nemmeno una riga contro Gpa e padri arcobaleno, come vorrebbe certo femminismo per così dire vintage. Come ho già scritto altrove, l’afide millanta la potenza di fuoco di uno sciame di calabroni. La politica, quella vera (buona o cattiva che sia), guarda altrove. Noi, persone interne al movimento Lgbt, abbiamo il dovere di portare avanti le istanze che più ci rappresentano, scegliendo liberamente secondo coscienza. Le compagne dalla lettera facile e dalle adesioni impossibili, invece, possono continuare a scrivere. È pur sempre attività preferibile al non aver nulla da fare.
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