Coppia gay al rogo: è successo nella piccola città croata di Imotski, al sud della costa, quasi al confine con la Bosnia Erzegovina. Gli organizzatori del carnevale locale hanno scelto di rappresentare una coppia di uomini che si baciavano. Alla fine della sfilata, i due manichini sono stati bruciati in mezzo alla folla. Un rogo simbolico, certo. Ma non per questo meno inquietante. Al punto che l’opinione pubblica della ex repubblica jogoslavia ha mostrato una forte indignazione e lo stesso presidente della repubblica ha esternato la sua condanna nei confronti del gesto.
Il carnevale di Bakova povorka è un momento molto sentito dalla comunità locale e si tiene da oltre centocinquantanni. Per l’occasione, gli abitanti del piccolo comune hanno scelto come figura centrale dell’evento proprio una coppia gay con in braccio un bambino, con sulla fronte la stella a cinque punte, simbolo dell’antica bandiera della Jugoslavia. Il bambino aveva il viso di Nenad Stazić, membro del Partito Socialdemocratico. Quindi, le figure in questione sono state bruciate tra le urla festanti della folla, evidentemente in sintonia con quanto si stava consumando sotto gli occhi di tutti e tutte. A riportarlo, il sito locale Total Croatia News.
Il presidente della società culturale che organizza il carnevale, Milivoj Đuka, ha dichiarato: «Siamo una società conservatrice. Rispettiamo le tradizioni. Date un figlio a sua madre, come dice il proverbio. Pensiamo che sia una cosa buona da fare». I media hanno rivelato che Đuka sul suo profilo Facebook ha postato una foto in cui era appoggiato su un muro, con accanto una croce uncinata nazista.
Il neopresidente croato Zoran Milanović ha duramente reagito contro il rogo simbolico: «Un atto triste, disumano e totalmente inaccettabile», scrive sulla sua pagina ufficiale su Facebook. «Gli organizzatori che hanno istigato a questo avvenimento odioso» si legge ancora «richiamandosi alla tradizione, meritano la più ferma pubblica condanna, perché l’odio per gli altri, l’intolleranza e la disumanità non sono e non saranno mai una tradizione croata».
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