Caro Babbo Natale, quest’anno è difficile. È difficile, perché la lettera che ti scrivo ogni anno vuol essere un po’ scanzonata, un po’ ironica e anche sufficientemente cinica. Ma è un periodo, questo, in cui c’è bisogno di tutt’altro. Sì certo, anche di ironia e di quella capacità di saper ridere di sé, anche quando tutto brucia. Perché è questo che ci salva. Ma il male, a ‘sto giro, è invisibile. E no, non sto parlando solo del virus.
Certo, poi sono arrivati i canti sui balconi. Solo per poche settimane, ci avevano detto. Distanti oggi, per riabbracciarci domani. E ci ritroviamo con l’ennesimo lockdown. In un periodo che ci vede tradizionalmente uniti. A volte contro voglia. Le ricordo benissimo le vigilie con casa invasa anche di parenti scomodi. Gente con cui a malapena c’era qualche gene in comune. Poi tutto ci divideva: dal fascismo alla fede fine a se stessa. Però, ecco, quando chiedevo che quella pantomima finisse, non intendevo esattamente questo. E non perché mi manchino i parenti, anzi. Ma perché quegli oltre 70.000 morti sono una ferita per molte persone che si troveranno un posto vuoto di troppo, a tavola. E allora, forse, al di là di un buon cicatrizzante (tu che sei magico, sai di cosa parlo) sarebbe il caso di dare significato alle cose. Per non perderle realmente, quando tutto sarà perduto.
E comunque, io capisco tutto. Capisco quell’istinto di sopravvivenza che ci rende ciechi. A dispetto del senso di umanità. Non lo giustifico, ma ne comprendo i più intimi meccanismi. E capisco la rabbia di chi, tra paura e senso del dovere, si trova ad aver a che fare con negazionisti, riduzionisti, antivaccinisti e tutto quanto la natura ha previsto per controllare i flussi demografici. Che due ceffoni o un dracarys, quando salgo su un pullman e vedo gente senza mascherina, viene di darli pure a me. Sì, caro Babbo Natale, conosco la tua obiezione: la natura ha pure previsto gli scarafaggi, in caso di guerra nucleare. Gli unici che sopravviveranno. Ma, converrai, fanno schifo. Come quelli che minimizzano. E mettono a repentaglio la salute di tutti gli altri. E allora, forse chiedo molto, me ne rendo conto: ma magari una maggiore consapevolezza, sarebbe cosa gradita. Ecco.
Ok, caro Babbo Natale, forse sto esagerando. Forse devo aggiustare il tiro, con richieste più a portata di mano: che ne so, i prossimi libri pubblicati (che Eugenia mi scalpita, e poi ti spiego). E magari un’ospitata da Fazio – aiuta a vendere, vi vedo che storcete il naso, ma se scrivi libri aiuta a vendere – un fidanzato ricco oppure, in alternativa, una di quelle magiche carte di credito che non si esauriscono mai perché associate al conto corrente di Dio o chi per lui (qui andiamo di politeismo spinto, con ampie concessioni a ciò che io chiamo “ateismo funzionale”). Insomma, fa’ tu. A me va bene pure ritrovarmi un’umanità meno incattivita. Non dico libera dal male, lo so che non sei tu quello dei miracoli (e quello che dovrebbe farli è in sciopero da duemila anni, temo). Però, ecco, ora lo sai. E posso chiudere qui questa letterina. All’anno prossimo.
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