Sordo al “no” del Garante della Privacy, dell’Anci e degli alleati di Governo, Matteo Salvini impone da oggi sulle carte d’identità dei minorenni la dicitura “padre” e “madre”.
Il provvedimento è stato ufficializzato con la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale. Nel provvedimento, firmato il 31 gennaio scorso dal ministero dell’Interno, da quello della Pubblica Amministrazione e da quello dell’Economia, il termine “genitore” viene sostituito da “padre” e “madre” ogni qual volta si presenta nel testo che predispone le «modalità tecniche di emissione della carta d’identità elettronica». Si tratta di una modifica alla norma del 23 dicembre 2015 che lo stesso ministro Salvini aveva promesso di voler cambiare.
Lo scorso novembre, infatti, il vicepremier aveva annunciato la sua battaglia «in difesa della famiglia naturale», partendo già dalle pagine web del Viminale. «Mi è stato segnalato – disse all’epoca al giornale cattolico online La Nuova Bussola Quotidiana – che sul sito del ministero dell’Interno, sui moduli per la carta d’identità elettronica c’erano “genitore 1” e “genitore 2”. Ho fatto subito modificare il sito ripristinando la definizione “madre” e “padre”».
Oggi, a pochi mesi da quelle parole, la modifica ha effetto per decreto, nonostante la bocciatura ricevuta anche dagli alleati di governo del Movimento 5 Stelle. «Il tema del genitore 1-genitore 2 non sta nel contratto di questo governo – furono le parole contrarie di Vincenzo Zoccano, sottosegretario alla Famiglia in quota Cinque Stelle – quindi noi ragioniamo nei termini della legge vigente». Dello stesso avviso era stata la sindaca di Torino, Chiara Appendino. «Noi rimaniamo dell’idea che sia giusto il passo in avanti che si è fatto e che la posizione di Salvini sia un passo indietro – spiegò la prima cittadina pentastellata –. Noi continueremo per la nostra strada e non faremo marcia indietro». Plauso all’iniziativa arrivò, invece, dal ministro leghista della Famiglia Fontana. «Bravo Matteo – sottolineò –, sulle cose giuste si va avanti!».
A schierarsi contro il reintegro di padre-madre fu anche il Garante della Privacy che diede parere negativo alla richiesta del Viminale riscontrando alcune criticità nei casi in cui la richiesta della carta di identità, per un soggetto minore, venisse presentata da figure esercenti la responsabilità genitoriale che non fossero esattamente riconducibili alla specificazione terminologica “padre” o “madre”.
Precisamente, il 24 novembre 2018, il garante per la Protezione dei dati personali, Antonello Soro, nel parere richiesto dal Governo, aveva scritto: «La modifica introdotta dal decreto si è rivelata inattuabile in alcune ipotesi, con gli effetti discriminatori che necessariamente ne conseguono per il minore. Per esempio, nei casi nei quali egli sia affidato non al padre e alla madre biologici, ma a coloro i quali esercitino – secondo quanto previsto dall’ordinamento – la responsabilità genitoriale a seguito di trascrizione di atto di nascita formato all’estero, sentenza di adozione in casi particolari o riconoscimento di provvedimento di adozione pronunciato all’estero».
In tutta risposta Famiglie Arcobaleno, l’associazione dei genitori omosessuali, annuncia che impugnerà al Tar. «Il decreto è palesemente illegittimo e discriminatorio» si legge in una nota «perché non permette di far coincidere lo status documentale con quello legale dei bambini e delle bambine che già oggi – attraverso trascrizioni di atti esteri o che sono stati adottati dal compagno o dalla compagna del genitore biologico grazie all’art. 44, lett d (adozione in casi particolari) – sono riconosciuti figli e figlie di due padri e due madri e di quelli che invece verranno riconosciuti in futuro».
«L’illegittimità del decreto è palese – sottolinea Famiglie Arcobaleno – in quanto un atto amministrativo non può contravvenire alle disposizioni di legge e alle sentenze dei Tribunali. La sua pubblicazione è quindi un atto di pura propaganda politica».
Chiede l’intervento del sotto segretario Spadafora, il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli. «Incontrare le associazioni lgbt+ a nome del Governo diventa del tutto inutile quando tre Ministri di quello stesso Governo mettono sotto attacco i nostri figli e le nostre figlie» dichiara il presidente Sebastiano Secci riferendosi al Tavolo istituito dal sottosegretario.
«Non possiamo accettare che i nostri bambini e le nostre vite continuino ad essere merce strumentale di una becera e continua campagna elettorale» conclude.
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