Sono 18 i nomi interni al Partito Democratico – 10 deputati, 1 senatore e 7 ex senatori cattodem – che mettono in discussione la nomina di Sergio Lo Giudice alla guida del dipartimento Diritti Civili del partito. Il motivo? Le posizioni di Lo Giudice sulla gestazione per altri. “Leggiamo che importanti figure del femminismo italiano hanno lasciato il Partito Democratico, a seguito della nomina dell’ex senatore Sergio Lo Giudice a capo del Dipartimento Diritti civili del nostro partito – scrivono i diciotto –. Il motivo: egli si è sempre espresso a favore della pratica dell’utero in affitto, fino a considerarla una pratica ispirata al dono”.
Il riferimento è ad un articolo uscito nei giorni scorsi sul Corriere della Sera, a firma di Monica Ricci Sargentini, in cui tre donne tesserate del Pd annunciavano la loro uscita dal partito proprio per la scelta di Lo Giudice ai Diritti Civili. A firmare la richiesta a Martina di rivalutare la sua decisione sono Alfredo Bazoli, Rosa Maria Di Giorgi, Stefano Lepri, Marina Berlinghieri, Giuseppe Cucca, Mauro Del Barba, Camillo D’Alessandro, Vito De Filippo, Nicoletta Favero, Linda Lanzillotta, Claudio Mancini, Mario Morgoni, Claudio Moscardelli, Pamela Orru, Venera Padua, Fausto Raciti, Angelica Saggese, Francesco Scalia. La maggioranza di questi politici è riconducibile alla cosiddetta area cattodem del Pd e tra loro ci sono i nomi di coloro che ostacolarono in ogni modo possibile la stepchild adoption, durante la discussione della legge sulle unioni civili.
“La legge e la maggioranza degli italiani la considerano invece un reato nonché gravemente lesiva della dignità femminile – continuano gli onorevoli a proposito di gestazione per altri –. Diversi parlamentari hanno già espresso al segretario Martina i loro timori. Il dipartimento diritti civili infatti necessiterebbe, più di tutti, di una figura capace di sintesi tra le diverse posizioni presenti oggi nel Pd. Il rischio è di negare le sue ragioni fondative e di mortificare sensibilità fortemente presenti nel Paese”. Contro la scelta di Lo Giudice si erano scagliate anche alcune associazioni di donne tra cui ArciLesbica nazionale e un paio di circoli di Se Non Ora Quando.
Dalle pagine del Manifesto di oggi è proprio l’ex senatore bolognese a rispondere. “Fuori dal Pd c’è qualcuno che non capisce che un partito deve avere rispetto per le opinioni diverse, senza assumere toni da crociata” dichiara Lo Giudice a Carlo Lania. “Sull’argomento c’è una posizione ufficiale del Pd” spiega l’ex senatore. Lo Giudice si riferisce al documento approvato dal Pd due settimane prima del voto finale sulle unioni civili in cui si registra la complessità dell’argomento, si dà conto del possibile sfruttamento che può verificarsi in alcune aree del mondo in cui le donne sono poco libere di scegliere autonomamente o non godono della libertà di decidere per sé, ma anche degli stati in cui le regole sulla gpa sono molto precise e garantiscono sia la donna che il bambino. “Soprattutto (in quel documento, ndr) – continua – si spiega che vanno tutelati i diritti dei bambini, il diritto all’identità personale e alla tutela, indipendentemente da come sono venuti a mondo. È il tema centrale ed è quello che stanno facendo i tribunali”.
Il punto è, sottolinea Lo Giudice, che quella posizione non è condivisa da tutti perché alcuni vorrebbero che il partito si schierasse a favore del reato universale, cosa che il documento non fa. Sulla vicenda, sempre dalle colonne del Manifesto, è intervenuta anche la senatrice Monica Cirinnà che si schiera con Lo Giudice. “Sergio è una persona per bene, competente e di grande esperienza – dice la madrina delle unioni civili –. Quella di Martina di darli la responsabilità del dipartimento diritti civili è una scelta giusta. Chi lo critica lo fa con le stesse parole usate da Maurizio Gasparri in aula contro di lui. Rifletta, chi lo attacca, dal chiuso delle proprie caverne” conclude.
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