Lei si chiama Carla González Aranda, ha 19 anni e qualche giorno fa ha tenuto una conferenza stampa, in Cile, per dire a tutti che è una ragazza trans. Sua madre è Marcela Arnada ed è la leader cilena del cosiddetto “bus della libertà”. Quello stesso bus arancione che abbiamo visto circolare per le città italiane sostenendo che “i bambini nascono maschi e le bambine nascono femmine”. La smentita alle sue teorie, insomma, la signora Arnada l’aveva in casa.
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Il sostegno e l’appoggio che le servivano, Carla l’ha trovato nel Movimiento de Integración y Liberación Homosexual (Movilh). “Non parlo con lei (la madre, ndr) e non ho contatti con lei da tre anni” ha detto Carla durante la conferenza stampa, cioè da quando ha iniziato il suo percorso di transizione. La madre, tuttavia, continua a parlare della figlia usando il maschile, come ha mostrato in diversi post pubblicati sui social network in cui scrive che “è amato senza condizioni e lo sarà sempre, contro il vento e la marea”.
“Se vuole nominarmi al maschile, è un suo problema” ha risposto la ragazza davanti ai microfoni. Carla inizia in questi giorni l’iter per il cambio di nome, con il sostegno di Movilh.
Marcela Arnada ha attaccato l’associazione lgbt cilena accusandola di avere strumentalizzato sua figlia per attaccare lei. Ma Carla ha spiegato che dal Movilh ha avuto tutto il sostegno che le serviva e anche il rispetto della sua privacy fino a quando lei lo ha ritenuto necessario. “Le voglio bene, ma non ho contatti con lei da molto tempo – ha aggiunto parlando di sua madre -: non la conosco adesso”.
Poi la ragazza ha spiegato che alle persone trans serve appoggio e sostegno: dalla famiglia o “dalla famiglia che ti scegli”, dalla società e dalle istituzioni.
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