Il pastificio Giovanni Rana dovrà risarcire un suo ex manager per «condotta vessatoria», causata dalle «ripetute offese sulla presunta omosessualità». Così ha deciso la sezione Lavoro della Cassazione, come riporta Sky Tg24, sulla vicenda che ha coinvolto Gian Luca Rana, attuale amministratore delegato dell’azienda e figlio del più celebre Giovanni Rana, nonché – all’epoca dei fatti – anche rappresentante legale della famosa marca di pasta.
La vittima sistematicamente apostrofata col termine “finocchio”
Secondo quanto ricostruito, Gian Luca Rana ha «sistematicamente apostrofato col termine “finocchio”» un ex dipendente, che aveva poi portato in tribunale l’azienda. La Corte d’appello di Venezia aveva già condannato, in precedenza, l’azienda a pagare i danni al lavoratore. La vittima si era rivolto alla magistratura a causa dello stato di ansia e stress che aveva accumulato per il trattamento subito lamentando anche di essere oggetto di «pregiudizio alla vita di relazione, alla dignità e professionalità». La Rana aveva quindi fatto ricorso, che è stato però respinto dalla Cassazione.
Per il pastificio era solo uno scherzo
Per la società, tuttavia, si trattava solo di uno scherzo. La condotta, invece che vessatoria, era infatti «solo espressione di un clima scherzoso nell’ambiente di lavoro». Scherzo di cattivo gusto, che non ha nemmeno convinto la magistratura. La Corte di Cassazione ha infatti ricordato che il codice civile prevede «l’obbligo di tutela, nel contratto di lavoro, di interessi non patrimoniali presidiati da diritti inviolabili della persona, come appunto la salute e la personalità morale, con conseguente obbligo di risarcimento del danno non patrimoniale ove l’inadempimento datoriale abbia provocato la lesione dei medesimi». Un boccone decisamente amaro da mandar giù, ma meritato, per la nota azienda.