Porte sigillate per i fascisti del terzo millennio a Bari.
“La strategia violenta di repressione di gruppi portatori di una diversa ideologia politica” messa in atto durante l’aggressione ai manifestanti antifascisti al termine della manifestazione anti Salvini il 21 settembre scorso, “richiama indubbiamente il metodo fascista”: è questa la motivazione con cui il Tribunale del Riesame di Bari ha disposto che la sede barese di Casapound resti sotto sequestro.
I fatti sono noti. Dopo una manifestazione di protesta anti-razzista contro il ministro degli Interni Matteo Salvini, organizzata dai militanti dell’ex Caserma Liberata nel quartiere Libertà, tre persone furono aggredite da un gruppo di militanti neofascisti di CasaPound. I feriti: Giacomo Petrelli, militante di Alternativa Comunista, Antonio Perillo, assistente parlamentare dell’eurodeputata di Rifondazione Comunista Eleonora Forenza (presente al momento dell’aggressione) e Claudio Riccio, di Sinistra Italiana.
La decisione è stata presa dal collegio presieduto dal giudice Giuseppe Battista il 25 gennaio. Si regge sulle immagini delle telecamere di via Eritrea e delle zone limitrofe, sulle dichiarazioni delle vittime dell’aggressione e di alcuni testimoni nonché una serie di riscontri investigativi, come il ritrovamento di alcuni oggetti usati per la spedizione punitiva nella sede e di libri e materiale inneggianti al fascismo e al nazismo nelle abitazioni di alcuni indagati.
Sono trentacinque le persone coinvolte e a tutte viene contestata l’apologia del fascismo. Mentre a dieci anche l’accusa di lesioni. E se la difesa ha evidenziato come i militanti non avessero “posto in essere condotte punitive preordinate né manifestazioni usuali del disciolto partito fascista”, chiedendo il, dissequestro, i giudici del Riesame hanno invece ritenuto che “la violenza delle condotte dei militanti, le lesioni provocate, il ricorso al metodo squadrista desumibile anche dai rilievi fotografici, la programmazione dell’azione il giorno in cui si sarebbe svolta la manifestazione da parte di un movimento sostenitore di un ideologia antagonista” dimostrano che “c’è un pericolo concreto e attuale di riproposizione di quel partito fascista”.
Ma non solo. Nella sede sono stati ritrovati i manubri usati per l’aggressione e da quei locali ha avuto origine la spedizione punitiva e li sono tornati gli aggressori. “Non si esclude – dicono i giudici – che la stessa sede, in differenti occasioni, sia stata e possa continuare ad essere sede di manifestazioni del disciolto partito fascista”. La sede era inoltre arredata con un busto di Benito Mussolini, una bandiera della X Mas e il Mein Kampf di Adolf Hitler.
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