Per la prima volta una corte costituzionale europea si esprime sulla gestazione per altri. E non la condanna. La sentenza della Corte Costituzionale portoghese è dello scorso 24 aprile. I giudici si sono espressi dopo che la legge che legalizza la gestazione per altri era stata impugnata per una presunta incostituzionalità. Tesi smontata dalla Corte secondo cui la gpa “non viola la dignità della gestante né del bambino che nasce a seguito di tale procedura, né, tanto meno, il dovere dello Stato di proteggere l’infanzia”. Per Lisbona, la gestazione per altri è una pratica che rientra nel diritto all’autodeterminazione delle donne. Per queste ragioni, i giudici hanno ritenuto che la gpa non è contraria alla Costituzione portoghese, i cui principi sono perno di tutta la sentenza.
Come spiega l’associazione di giuristi Articolo 29, nelle 158 pagine in cui si sviluppa la decisione, la Corta include pareri favorevoli e pareri contrari, oltre a fare riferimento a diverse fonti di diritto internazionale. Tra queste, anche la sentenza della Corte Costituzionale italiana. La nostra Corte aveva scritto che la gpa “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”. I giudici portoghesi, però, contraddicono questa tesi.
La Corte, tuttavia, pone l’accento su alcuni aspetti critici della legge, specialmente sul “diritto di ripensamento”. Proprio in virtù del rispetto della dignità della donna e della sua autodeterminazione, infatti, la sentenza dichiara incostituzionali alcune parti della legge. Sono quelle che impediscono alla gestante di cambiare idea. Ad esempio non è previsto il ricorso all’aborto o la decisione, alla fine della gravidanza, di tenere il bambino per sé. Il riconoscimento automatico dei genitori intenzionali, dunque, viene meno perché, secondo i giudici, viola l’autodeterminazione della donna.
Altri aspetti sono considerati dalla Corte non conformi alla Costituzione. Si tratta di aspetti che riguardano i dettagli dell’accordo tra la gestante e i genitori intenzionali che, stando alla sentenza, non sono disciplinati con la giusta attenzione.
Il punto focale di tutta la decisione rimane, comunque, il principio per cui la pratica della gestazione per altri rispetta pienamente la dignità della donna che decide di partorire per altri e il suo diritto all’autodeterminazione.
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