Politica&diritti

Cosa prevede la legge sul testamento biologico e sul fine vita

La legge sul testamento biologico è stata approvata oggi dal Senato, in via definitiva. Come tutte le leggi dello Stato, entrerà in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, cioè dopo la firma del Presidente della Repubblica. Non è efficace, dunque, da oggi. Ma potrebbe esserlo entro un mese. Vediamo nel dettaglio cosa prevede.

Non è prevista l’eutanasia

Chiariamo subito un punto: questa legge non legalizza l’eutanasia. Non consente, dunque, di porre fine alla vita di una persona neanche quando la sua malattia sia irreversibile, all’ultimo stadio e senza possibilità che la medicina possa fermarla.
Permette, però, di stabilire a quali terapie, cure e trattamenti ci si vuole o non ci si vuole sottoporre e di scrivere le proprie volontà in merito perché siano chiare anche nel caso in cui il paziente non possa esprimerle personalmente.

“Consenso libero e informato”

L’articolo 1 del testo prevede anche il consenso informato: nessun trattamento o cura può essere iniziato o proseguito senza il “consenso libero e informato della persona interessata”. In caso di persone minorenni, sarà chi esercita la responsabilità genitoriale a dovere esprimere o negare il consenso.

Le disposizioni anticipate di trattamento

La legge istituisce le “Disposizioni anticipate di trattamento” (Dat), ovvero le volontà che ognuno di noi potrà esprimere in caso di malattia. Sono regolamentate dall’articolo 3 della legge: “ogni persona maggiorenne, capace di intendere e volere, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso Disposizioni anticipate di trattamento, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali”. In sostanza, ognuno potrà decidere se, in caso di malattia irreversibile, vuole che si sospendano le terapie in corso o che si attivino specifiche terapie. Anche la nutrizione e l’idratazione possono essere sospese, su volere della persona interessata.

Cosa deve fare il medico

Il medico è tenuto a rispettare le Dat e farlo non gli darà alcuna responsabilità legale. Il medico può non osservare le Dat nel caso in cui siano disponibili nuove terapie non prevedibili quando il paziente ha espresso le proprie volontà o nel caso in cui le condizioni di salute della persona non siano corrispondenti a quanto previsto dalle Dat stesse. Il paziente, però, non può pretendere che il medico adotti pratiche contrarie alla deontologia, illegali o contrarie “alla buone pratiche clinico-assistenziali”.

È prevista l’obiezione di coscienza?

Non è prevista la possibilità che il medico si dichiari obiettore di coscienza, com’è invece possibile per l’interruzione volontaria di gravidanza. Ma se un medico, ad esempio, ritiene che interrompere l’alimentazione artificiale sia contrario alle “buone pratiche clinico-assistenziali” può rifiutarsi di farlo. In quel caso, l’ospedale (che sia pubblico, privato, laico o religioso) deve garantire comunque il rispetto delle Dat del paziente, ad esempio, facendo intervenire un altro medico.

Come si dichiarano le proprie Dat

Le Dat vanno redatte in forma scritta con firma autenticata dal notaio, da un ufficiale di stato civile o da un medico dipendente del Servizio Sanitario Nazionale (ad esempio, il medico di base) o dipendente di un centro convenzionato. Se il paziente non può scriverle, è ammessa anche una registrazione video. Il paziente nomina un fiduciario che lo rappresenti e tuteli le sue volontà in caso la persona interessata non sia nelle condizioni di farlo. Deve essere una persona maggiorenne e in grado di intendere e volere. Le Dat e il fiduciario possono essere revocate anche a voce davanti a due testimoni.

Il diritto a pianificare le cure

Nel rispetto della relazione tra medico e paziente, la legge stabilisce che “all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico, alla quale il medico è tenuto ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità”.

Accanimento terapeutico

Secondo la nuova legge, il medico ha il dovere di “adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario”. Inoltre “è sempre garantita un’appropriata terapia del dolore e l’erogazione delle cure palliative”. Quando si trova davanti ad una “prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili e sproporzionati”. In sostanza, è vietato l’accanimento terapeutico. “In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari – recita il testo -, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua, in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente”.

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