Rainbow

Cos’è successo alla comunità Lgbt+ italiana, sempre più bigotta e razzista?

Le elezioni in Svezia, come saprete, hanno registrato un allarmante risultato per i neonazisti locali – il cui nome è, paradossalmente, quello di “Democratici Svedesi”. La cosa non è passata inosservata, anche da parte della nostra stessa comunità. Mi ha sorpreso, si fa per dire, la reazione di un nostro connazionale residente in quello stato. In questi mesi ho letto i vari commenti da parte sua: è gay ed elettore del M5S, nonché totalmente prono alle politiche anti-immigrati del “governo del cambiamento”.  Ora che anche sul Baltico si urla “prima gli svedesi” – schiuma alla bocca annessa – ha paura. Quando il karma sa essere un boomerang

Rileggersi Niemöller

Il leader dell’estrema destra svedese, Akesson

E non è l’unico che nello stesso “popolo arcobaleno” ha posizioni aberranti, sulla condotta dell’attuale maggioranza nei confronti delle diversità. A sostegno di quel ragazzo sono arrivati commenti anche da parte di persone trans: «Ha paura di cosa? È senza documenti, bivacca per strada e commette reati per vivere? Non credo proprio, l’unica cosa ridicola è la faziosità», mi rimbrottava un’utente sul mio profilo, mentre facevo notare che a furia di dire “prima gli…” seguito dalla nazionalità di turno, poi arriva sempre qualcuno che proporrà di far fuori anche noi. Insomma, anche tra di noi c’è chi non vede il pericolo di questo tipo di dinamiche. Quando basterebbe rileggersi Martin Niemöller per capire la natura del problema.

Una questione di omonormatività

E allora voglio raccontarvi un’altra storia. Ma andiamo da Stoccolma a Berlino, dove si è tenuto il Folsom. Gaypost.it era lì, con una nostra piccola delegazione. Il nostro inviato ha così pubblicato articoli e immagini dell’evento. Le reazioni da parte di alcuni nostri lettori sono state sconfortanti. «Mi perplime e soprattutto non capisco lo scopo. Spero non venga accostato al mondo omosessuale» scrive un ragazzo. «Lo show della depravazione non ha nulla a che vedere con l’essere gay», commenta una donna. «Aspettiamoci solo le foto di queste manifestazioni spacciate poi per foto da Pride da chi vuole buttarla tutta in caciara», possiamo leggere ancora. Ed altri ancora, evocano lo spettro dell’Aids.  Gli addetti al settore parlerebbero di omonormatività.

L’impermeabile dell’ipocrisia

La Diciotti, simbolo della solidarietà verso i migranti

Nel dibattito che ne vien fuori, un altro dei nostri followers chiede ad una lettrice le ragioni per cui lei, nel suo tempo libero, fa la cosplay. Ma lei non capisce: «Per omaggiare personaggi fantastici. Che c’entra? No seriamente, spiegami il nesso». Non capisce che nel momento in celebra l’identità di un personaggio, nel momento in cui si veste di quelle fattezze, le fa proprie. È un modo di dire al mondo “io sono così”. È un riconoscersi. Celebra, in altre parole, un aspetto della sua identità. Identità che però nega a chi decide di andare in mezzo al mondo in modo “non convenzionale”. E il sospetto che sia la sessualità, a dar fastidio, è tutto lì dietro l’angolo. Pronto ad aprire l’impermeabile dell’ipocrisia.

Che fine ha fatto la lezione di Stonewall?

Eppure una cosa che ci avrebbe dovuto insegnare l’essere persone Lgbt+: siamo stati schiacciati/e, per moltissimo tempo, proprio per la nostra identità sessuale. Fino a Stonewall e alla lotta di liberazione sessuale. In quel momento, la libertà ce la siamo presa. Proprio grazie al coraggio di quei soggetti ritenuti estremi. Non ci è stata “concessa” dai benpensanti. Questo avrebbe dovuto insegnarci l’essere persone Lgbt+, sempre che non si preferisca restare al chiuso, nel meraviglioso mondo delle nostre microgaranzie – tradotto: fare le velate – in quel silenzio che sembra tutelarci, ma che ci rende invisibili. E sempre che chi doveva fare la dovuta formazione dentro le associazioni o portare maggior consapevolezza dentro i luoghi di aggregazione abbia svolto bene il suo mestiere.

Il principio di non discriminazione

Un’immagine del Folsom, a Berlino

Poter andare nel mondo con la propria identità – che sia l’appartenenza a una cultura diversa o che sia la manifestazione del proprio modo di intendere sessualità e/o sfera affettiva (come avviene nei pride e al Folsom) – significa, né più e né meno, portare noi stessi per come siamo e ci sentiamo di essere, nel mondo là fuori. Adesso, comprendo perfettamente che mettere in relazione due aspetti apparentemente così lontani tra loro – il razzismo di Lega e M5S e l’intolleranza verso un evento fetish – può apparire un azzardo, ma entrambi ci fanno comprendere come si sta mettendo in discussione, anche in modo violento, un principio che dovrebbe essere assodato: quello di non discriminazione verso “l’altro/a da sé”.

Il dovere all’empatia e alla solidarietà

L’intolleranza che vediamo attorno a noi, anche da parte di persone Lgbt+, ci aiuta a dimostrare – se ce ne fosse ancora bisogno – che esse sono uguali a tutte le altre. L’eguaglianza si manifesta, purtroppo, anche nell’adesione a ideologie becere e primitive, così come beceri e primitivi sono i partiti che le portano avanti. Ciò non toglie che in quanto appartenenti a un gruppo sociale stigmatizzato avremmo il dovere a provare a costruire una maggiore empatia verso quell’altro/a da noi. E, quindi, ad elaborare un sentimento di estesa solidarietà. Cosa che, al momento, sembra essere piuttosto carente, almeno se volgiamo lo sguardo dentro il nostro mondo.

Prima gli italiani, domani a chi tocca?

Matteo Salvini

Un mondo che “dovrebbe avere” come vessillo l’arcobaleno – simbolo di quell’unicità che, frangendosi di fronte al reale, sempre multisfaccettato, produce differenza e bellezza – e che invece sembra preferire un’unica tonalità di grigio (su base giallo-verde). E forse dovremmo interrogarci, come militanti e come movimento, su come recuperare queste coscienze che si fanno ammaliare dagli imbonitori di turno, pensando che non toccherà mai a loro. Ma se oggi qualcuno dice “prima gli italiani”, cosa ci impedisce di pensare che domani non toccherà a una nuova categoria che sfugge al concetto di norma? Quella norma che pretende, manganello alla mano, che per essere normali (appunto) bisogna essere maschi, bianchi, eterosessuali e cristiani. Insomma, svegliamoci. Prima che vengano a prenderci tutti/e.

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